In libreria: L’ultimo Kaiser

guglielmoGuglielmo II Hohenzollern fu imperatore di Germania e re di Prussia dal 1888 al 1918, quando di fronte alla sconfitta militare e ai sussulti rivoluzionari fu costretto ad abdicare. Durante il suo lungo regno cercò di esercitare un potere assoluto: nominava e sfiduciava cancellieri (ben sette), imponeva l’agenda politica, era il protagonista indiscusso della politica estera del Reich. L’imperatore agiva facendosi forte di una legittimazione divina del suo potere, e aveva in spregio il parlamento e i partiti politici. Durante il suo regno fu osannato e celebrato come un sovrano moderno, perfino “socialista”, capace di risolvere i grandi problemi del Reich: l’industrializzazione accelerata e i conseguenti radicali mutamenti sociali. Fu abile nel servirsi dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, in particolare la stampa e la fotografia. Ma fu anche vituperato e messo in caricatura, soprattutto all’estero. Nel corso della guerra fu oggetto di durissime critiche da parte dell’Intesa, che lo considerava l’incarnazione del militarismo e autoritarismo prussiano. Critiche che si accentuarono nel dopoguerra, quando gli fu attribuita la responsabilità dello scatenamento del conflitto. Visse per quasi ventitré anni in un grigio esilio nei Paesi Bassi, messo ai margini della storia, incapace di fare i conti con le proprie responsabilità, tenacemente abbarbicato al sogno di sovvertire le istituzioni repubblicane e di essere riportato sul trono da Hitler.
Il libro ripercorre tutte le fasi della sua vita, parallela a uno dei momenti più critici della civiltà occidentale: dai trionfi del colonialismo e dell’industria, all’abisso della Grande guerra. Dall’infanzia, contrassegnata da problemi fisici e da un conflitto mai risolto con i genitori, al lungo e scintillante regno, alla repentina scomparsa dalla scena proprio negli anni di guerra, al lungo e malinconico tramonto nell’esilio. Le vicende private e individuali dell’uomo, segnato da un carattere scostante e arrogante, all’apparenza brillante ma umanamente arido, sono analizzati in stretto intreccio con i contesti in cui si snoda la sua lunga vita: l’ascesa della Prussia, l’unificazione del Reich, la guerra mondiale, la svolta repubblicana e infine l’irresistibile trionfo del nazionalsocialismo.
Gustavo Corni, Guglielmo II: l’ultimo Kaiser di Germania tra autocrazia, guerra ed esilio – Salerno Editrice, Roma 2022, pp. 336, euro 24,00

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Michael Wood, La storia della Cina: le origini di una civiltà millenaria – Mondadori, Milano 2022, pp. 624, euro 40,00
«La Cina è un argomento vastissimo e incredibilmente ricco, anzi inesauribile.» Nei suoi quattro millenni di storia ha conosciuto mutamenti di così vasta portata da non avere paragoni, e tuttavia nel popolo cinese sono sempre rimasti saldi gli sforzi per costruire società stabili rette da ordine e giustizia, per generare arte e bellezza, e per la salvaguardia degli ideali di ciò che Confucio chiamava «questa nostra cultura». Ma da dove nasce questo senso di appartenenza, capace di resistere ai più drammatici periodi di crisi? Cosa ha contribuito a mantenere unito un paese tanto esteso, oggi superpotenza e seconda economia al mondo? E in che misura quei principi continueranno a plasmare il futuro della Cina nei prossimi decenni
Attingendo a inedite testimonianze e alle più recenti scoperte archeologiche, nonché alla personale esperienza vissuta in quarant’anni di viaggi nel paese, Michael Wood offre uno sguardo completo sul passato della Cina, indispensabile per comprendere il suo presente.
Alla narrazione storico-politica di vasto respiro l’autore affianca il punto di vista della gente comune, attraverso documenti familiari, diari e corrispondenze ufficiali e private, come lo scambio di lettere tra monaci buddisti in Cina e in India, o tra una madre e una figlia coinvolte negli orrori della conquista Manciù, o ancora, gli scritti di imperatori, poeti e mercanti della Via della Seta. Il risultato è un affresco che spazia dalle desolate steppe mongole alla Grande Muraglia, dalla Città Proibita al mondo ultramoderno di Pechino, Shanghai e Hong Kong; dalla nascita delle prime dinastie all’incontro con l’Occidente, dall’unificazione alla rivolta dei Taiping, dalle rivoluzionarie femministe di fine impero Qiu Jin e He Zhen all’invasione giapponese, alla Grande Carestia, alla Rivoluzione culturale, fino alle svolte nella storia più recente, inclusa la crisi di piazza Tienanmen del 1989 e il nuovo ordine del presidente Xi Jinping.

Patrizia Dogliani, Il fascismo degli italiani: una storia sociale – UTET, Torino 2022, pp. 368, euro 20,00
A differenza del nazismo, al quale sono stati dedicati lavori di storia sociale da parte di studiosi tedeschi e anglosassoni, il fascismo italiano è rimasto per lungo tempo privo di una storia sociale complessiva, proprio mentre diveniva oggetto e modello per una lettura culturale del fenomeno totalitario.
Il fascismo degli italiani è il primo ritratto completo della società italiana sotto il regime fascista, dagli anni della presa del potere sino alla sua crisi durante il conflitto mondiale, passando attraverso il lungo decennio dedicato all’organizzazione e al conseguimento del consenso tra classi medie e ceti popolari.
Partendo da studi che hanno ricostruito settori specifici dell’organizzazione di massa del partito (le iniziative per l’infanzia, la maternità, i giovani, il dopolavoro) e la mobilitazione della popolazione maschile (la milizia, lo sport) — e soffermandosi su analisi dedicate all’insediamento e alla strutturazione del regime in provincia — il libro esamina l’incidenza del fascismo nella vita quotidiana e nella mentalità degli italiani.

Giulio Busi e Silvana Greco, Amarsi: seduzione e desiderio nel Rinascimento – il Mulino, Bologna 2022, pp. 384, euro 48,00
Nell’Italia del Quattro e Cinquecento va in scena il gioco della seduzione. Palazzi, piazze, alcove vibrano di un nuovo modo di amarsi e di concepire il desiderio. Le ninfe avvenenti di Botticelli, le opulente e discinte matrone di Tiziano, gli dèi lussuriosi, come il possente Marte che, pur vincitore di mille battaglie, soccombe alla bellezza di Venere, e poi gli intrighi erotici dei gentiluomini e delle dame di corte, tutto ci parla di un’epoca sfarzosa, colma di lusinghe. Poemi, incartamenti processuali, cronache cittadine, dipinti e lettere d’amore usano il linguaggio della bellezza. Ma accanto al bello, il Rinascimento scopre l’emozione, la vicinanza dei corpi, persino la loro imperfezione. Come amano le nobildonne? E per i borghesi, per i popolani, quali sono le regole dell’attrazione? Scopriremo i legami leciti e le passioni clandestine, l’amore che punta al potere e il potere che seduce e trasforma. Nelle relazioni fra donne e uomini, in quelle omoerotiche, tra ceti diversi, la rivoluzione amorosa del Rinascimento cambia per sempre la società.

Andrea Salvo Rossi, L’invenzione della Repubblica: storia e politica a Firenze (XV-XVI secolo) – Salerno Editrice, Roma 2022, pp. 176, euro 22,00
I saggi raccolti in questo volume analizzano l’intreccio tra scrittura della storia e discorso politico a Firenze tra Quattro e Cinquecento, conseguente alla rifondazione retorica del sapere promossa dall’Umanesimo. Solo concependo la storiografia come una pratica autoriale – che non si limita a raccogliere dati, ma li seleziona e li interpreta – fu possibile riorganizzare le forme di razionalizzazione e legittimazione della vita civile su basi storiche. Le origini romane della repubblica fiorentina diventarono così il punto di appoggio per strategie molteplici di intervento nel presente politico di Firenze, riletto analogicamente alla luce del passato di Roma. Il percorso proposto, che parte da Leonardo Bruni per arrivare al definitivo tramonto delle sperimentazioni repubblicane con l’avvento del Granducato, mostra efficacemente come l’idea che il sapere politico fosse indissociabile da quello storico consentisse di veicolare allo stesso tempo elementi di continuità e discontinuità nelle forme di autorappresentazione (e autopromozione) delle istituzioni fiorentine. Continuità nel riuso delle fonti come elemento strutturante della riflessione politica; discontinuità nei movimenti sul canone degli Antichi per dar conto di movimenti della vita istituzionale, delle crisi e dei mutamenti di stato che caratterizzarono la parabola repubblicana di Firenze. Ne emerge un quadro di grande stabilità nell’intendere le antiche historiae come linguaggio eminente della politica. Anche di fronte alle svolte e alle fratture con cui dovette fare i conti la generazione di autori che si trovò a scrivere le storie fiorentine negli anni delle guerre d’Italia (da Rucellai a Nardi, passando per i più celebri Machiavelli e Guicciardini) è possibile registrare una sostanziale tenuta metodologica, ancora ben visibile nella tradizione tardo-rinascimentale, tipicamente fiorentina e toscana, del tacitismo politico.

Gigliola Fragnito, Il condottiero eretico: Gian Galeazzo Sanseverino prigioniero dell’Inquisizione – il Mulino, Bologna 2022, pp. 224, euro 18,00
«Il rientro temporaneo di Gian Galeazzo in Italia, nel novembre del 1570, per prendere possesso del feudo di Colorno dopo la morte del cognato Gian Francesco Sanseverino, offriva un’occasione insperata per acciuffare un frequentatore assiduo della corte francese e per servirsi di lui onde raccogliere indizi ed elementi di prova relativi alle connivenze di Caterina con gli aderenti alla “setta” ugonotta»
La notte del 4 novembre 1570, su ordine di Pio V, Gian Galeazzo Sanseverino viene fatto prigioniero nel suo feudo di Colorno e carcerato nelle prigioni dell’Inquisizione a Roma con l’accusa di eresia calvinista. Quali sono le vere ragioni di questo arresto? Quali lotte di potere cela? Sulla base del processo conservato nell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e di una ricca documentazione – per lo più inedita – il libro ridisegna la vicenda, solo parzialmente nota, del condottiero al servizio della monarchia francese durante le guerre di religione e delinea le anomalie di un processo a un uomo d’arme, che suscitò grande scalpore in Italia e in Francia. Le deposizioni dell’imputato e dei testimoni mettono in luce le rivalità per le cariche militari, i tentativi dei Valois di sanare la frattura religiosa del Regno, l’odio dei francesi verso gli italiani, ma anche la litigiosità e la violenza dell’aristocrazia padana.

Riccardo Calimani, Riccardo Di Segni, Degli ebrei e dell’ebraismo: un dialogo – Einaudi, Torino 2022, pp. 144, euro 15,00
Chi sono gli ebrei? Che cos’è l’ebraismo? Per rispondere a queste e ad altre domande, due figure d’eccezione si intrattengono in un dialogo genuino e non di maniera. Da un lato Riccardo Calimani, saggista e studioso, certamente un ebreo “laico”; dall’altra Riccardo Di Segni, il rabbino capo della Comunità ebraica di Roma. Entrambi, oltre alla conoscenza dell’ebraismo, portano con sé altri saperi. Calimani ha una laurea in ingegneria e in filosofia della scienza. Il rabbino Di Segni è anche un medico radiologo che ha esercitato a lungo. Forse anche grazie a questa molteplicità di saperi, i due autori, amici da sempre, riescono a comunicare la natura dell’ebraismo attraverso le molte sfumature e differenze dei punti di vista. Un libro necessario, se è vero che parte della malapianta dell’antisemitismo molto deve all’ignoranza.

Giuseppe Palma, La Rivoluzione francese: Storia, legislazione e processi – Amazon 2022, pp. 302, euro 17,68
Se nel corso del Medioevo il potere dei Re fu, il più delle volte, sottoposto al controllo di alcuni corpi intermedi della società – come ad esempio la Cavalleria o la Nobiltà -, dalla seconda metà del Seicento in avanti si affermò in tutta Europa il concetto dell’assolutismo monarchico riassumibile nella locuzione “L’état c’est moi” – lo Stato sono io – attribuita a Luigi XIV. I corpi intermedi, in particolare la Nobiltà, esercitavano i diritti feudali sui propri territori riscuotendo i tributi dalla popolazione. Il Terzo e Quarto Stato (Borghesia e Popolo) erano gli unici a pagare tasse e tributi, sia al feudatario che al Re, salvo la concessione del Regio Demanio da parte della Casa regnante.
La Rivoluzione francese scardinò questo sistema trasferendo il potere di imperio dalle Case regnanti alla Borghesia, più in generale dall’Aristocrazia alla Borghesia produttiva (industriale, commerciale, delle professioni e finanziaria), mantenendo il più delle volte i Re sui loro troni ma circoscrivendone i poteri nelle Costituzioni nazionali. Milletrecento anni di Feudalesimo, fatto di rigide gerarchie tanto politiche quanto economico-sociali, lasciavano il passo alla Borghesia produttiva legittimata da assemblee elettive espressione di un corpo elettorale fatto a sua immagine e somiglianza. Il popolo, dal punto di vista dei benefici, resterà inizialmente fuori da questo processo epocale.
Con questo suo nuovo saggio storico-giuridico, il terzo sull’argomento, l’avvocato Giuseppe Palma racconta l’intera storia della Rivoluzione francese (dal 1789 al 1794) attraverso i fatti, le leggi e i processi.

Aurelio Musi, Mezzogiorno moderno: dai Viceregni spagnoli alla fine delle Due Sicilie – Salerno Editrice, Roma 2022, pp. 220, euro 21,00
Il saggio offre una sintetica ma rigorosa ricostruzione delle vicende del Mezzogiorno in Età moderna, dal periodo spagnolo all’unificazione politica della penisola. Per la prima volta viene qui presentata una storia del Meridione d’Italia comprensiva di Sicilia  e Sardegna, che con i loro caratteri specifici ne sono parte ineliminabile. La piena integrazione nella storia italiana ed europea e, al tempo stesso, l’originalità della via mediterranea allo Stato  e alla società moderna costituiscono il filo conduttore del racconto. Dall’eredità medievale all’ingresso nelle sfere d’influenza catalano-aragonese, spagnola, asburgica, napoleonica, borbonica e sabauda, dalla fine del Regno delle Due Sicilie all’unità d’Italia, le vicende  del Mezzogiorno si snodano seguendo una nuova interpretazione complessiva. Isole e continente non contraddicono ma rivelano l’unità del Mezzogiorno moderno quale comunità economica, sociale, politica e culturale, distinta rispetto alle altre regioni  del paese e la cui storia definisce una via mediterranea alla modernità.

Neil Price, Vichinghi: ritratto di un popolo tra storia e mitologia – Mondadori, Milano 2022, pp. 576, euro 35,00
«I vichinghi godono di un interesse e di un apprezzamento che poche altre culture antiche condividono. Difficile trovare qualcuno che non abbia mai sentito parlare di loro. In soli tre secoli, dal 750 al 1050 d.C. circa, i popoli scandinavi trasformarono il Nord lasciando segni che sono tuttora riconoscibili. Cambiarono la mappa politica e culturale dell’Europa e configurarono assetti commerciali ed economici, fondando insediamenti e provocando conflitti in un’area che, sostanzialmente, si estende dalla costa orientale dell’America del Nord alla steppa asiatica.» In qualità di commercianti, esploratori e colonizzatori, esportarono tecnologie, idee e credenze intrecciando contatti con oltre cinquanta culture diverse e raggiungendo luoghi che oggi appartengono a circa quaranta paesi, da Islanda, Groenlandia, Canada a Turchia, Russia e Iraq.
Eppure, questi popoli ci sono stati a lungo presentati attraverso una lente distorta, convenzionalmente compromessa da uno stereotipo legato alle cruente incursioni marittime, ai saccheggi e alle razzie.
Attingendo da una pluralità di fonti documentarie e dal vasto patrimonio emerso grazie agli scavi più recenti, Neil Price, docente di archeologia all’Università di Uppsala, presenta per la prima volta un nuovo e affascinante ritratto dei vichinghi. Esplorando i labili confini fra vivi e morti, i riti funebri e la cosmologia, nonché le relazioni fra uomini e spiriti sovrannaturali mediate da streghe e indovini, l’autore traccia un vivido affresco di politica, religione, arte e cultura nordiche spaziando dalla vita quotidiana in pace e in guerra alle gerarchie di potere e ai codici di legge. Delle comunità vichinghe esamina la sfera pubblica e privata, le relazioni di genere, le dinamiche familiari, l’oppressione patriarcale, la violenza efferata e la schiavitù che caratterizzavano una società pur tuttavia convintamente multiculturale e multietnica.

Luca Ricolfi, La mutazione: come le idee di sinistra sono migrate a destra – Rizzoli, Milano 2022, pp. 256, euro 18,00
Le idee non stanno ferme. Le grandi idee, i grandi principi, le visioni del mondo hanno sempre delle radici, come le piante. Ma, diversamente dalle piante, raramente restano dove sono nate. Le idee si muovono, cambiano habitat, come uccelli di passo. È quel che è successo a tre grandi ideali della sinistra: difesa dei deboli, libertà di pensiero, cultura come via privilegiata verso l’eguaglianza. Oggi queste idee, che hanno fatto la storia della sinistra, non abitano più lì. Alcune vagano senza meta, altre si sono posate sulla destra. A vagare senza meta è soprattutto l’idea gramsciana della cultura alta come strumento di emancipazione dei ceti popolari, un’idea ancora viva ai tempi di Togliatti, ma completamente sopraffatta da mezzo secolo di riforme dell’istruzione, che – abbassando la qualità degli studi – hanno finito per bloccare l’ascensore sociale. A posarsi sulla destra, invece, sono state la difesa della libertà di pensiero, contro l’adesione acritica della sinistra al politicamente corretto, e la difesa dei deboli, contro l’incapacità di ascoltare la domanda di protezione dei ceti popolari. Attraverso un nuovo modello interpretativo, la dottrina delle tre società, Ricolfi individua con precisione chi sono i deboli oggi, e ricostruisce il lungo processo che ha portato la destra e la sinistra a scambiarsi le rispettive basi sociali, determinando una vera e propria mutazione del sistema politico. E azzarda l’ipotesi che sia un’eccessiva celebrazione del progresso ad accecare i progressisti, incapaci di vederne anche i lati oscuri, le falle che alimentano una nuova disperazione sociale, di cui sarebbe bene invece intercettare il grido.

Gianfranco Miglio, La lezione del realismo: scritti brevi sulla politica internazionale, l’Europa, la storia (1945-2000) – Rubbettino, Soveria Mannelli 2022, pp. 346, euro 28,00
Il nome di Gianfranco Miglio è legato principalmente agli studi di storia delle istituzioni moderne, alla sua «teoria pura» della politica, alle proposte di revisione della Costituzione e all’impegno per una riforma federale. Miglio fu però anche «uno studioso dei problemi internazionali». Aveva in effetti iniziato la propria carriera accademica indagando le origini e le trasformazioni del sistema interstatale europeo. Anche in seguito continuò inoltre a osservare quanto avveniva sulla scena internazionale e a interrogarsi sulle prospettive future dell’unificazione europea. E negli anni Ottanta tornò infine a dare una sistemazione relativamente organica alle ipotesi sulla guerra e le limitazioni della sovranità.
Il volume punta a ricostruire questo aspetto della riflessione dello studioso italiano, raccogliendo in modo sistematico gli scritti brevi dedicati, nell’arco di quasi sessant’anni (dal 1945 al 2000) alle questioni di politica internazionale e al possibile ruolo dell’Europa nella trasformazione del sistema globale. Leggendo questi interventi – alcuni dei quali sono rimasti finora inediti, mentre altri, dopo essere stati totalmente dimenticati per decenni, vengono riproposti qui per la prima volta dopo la loro pubblicazione – si possono innanzitutto fissare le sequenze delle esplorazioni compiute da Miglio nei territori della politica internazionale. Ma, soprattutto, diventa possibile identificare gli elementi distintivi della visione che Miglio aveva delle dinamiche internazionali e delle «“regolarità” della guerra».