In libreria: La “questione venale”

berlinguer«Scorrere il registro contabile dei partiti finanziati [da Mosca] può dare il capogiro [...]. Ma, sul piano concreto, intanto nel 1958 il Pci, con i suoi tre milioni e 750 mila dollari, raccoglieva da solo oltre la metà dei fondi di assistenza: più di francesi, venezuelani, giordani, messicani, turchi e neozelandesi messi insieme. Ancora nel 1961 riceveva quattro milioni, quasi il triplo della cifra concessa ai francesi». Nell’anno in cui Berlinguer ascese alla segreteria (1972), il Pci ricevette da Mosca 5 milioni e 200 mila dollari. «E a marzo dell’anno succesivo, il comitato centrale del Pcus avrebbe riferito che lo stesso Enrico Berlinguer, nel corso di un soggiorno a Mosca aveva richiesto per il suo partito un aiuto supplementare, che il Cremlino si sarebbe affrettato a concedergli, nella misura di 800 mila dollari». Questo volume, in equlibrio tra saggio e phamplet, affronta il legame politico-economico che univa l’Unione Sovietica al Partito Comunista, fin dai tempi di Stalin e poi in seguito, attraverso un viaggio che culmina nella segreteria di Berlinguer, e anche successivamente. Contiene ricostruzioni importanti sui finanziamenti illeciti, le armi, il sistema di spionaggio. E una rivelazione finale che coinvolge anche la classe politica russa succeduta alla caduta del regime. L’icona di Berlinguer viene messa a nudo, pur riconoscendo al personaggio una sua grande valenza e dignità storica. Sette capitoli da leggere tutti d’un fiato per avere una visione originale e spesso taciuta del modus operandi di Botteghe Oscure.
Francesco Bigazzi, Dario Fertilio, Berlinguer e il diavolo: dall’oro di Stalin al petrolio di Gorbacev i grandi segreti di Botteghe Oscure – Paesi Edizioni, Roma 2021, pp. 142, euro 14,00

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Flavio Giovanni Conti, Hereford: prigionieri italiani non cooperatori in Texas – il Mulino, Bologna 2021, pp. 488, euro 28,00
«Una doppia siepe di filo spinato, con torrette armate di riflettori e mitragliatrici, ci isolava dallo spazio attorno, che era un piatto deserto, senza un rilievo, un albero, una traccia umana, all’infuori del treno che a lunghi intervalli sfiorava la curva dell’orizzonte col suono della campana della locomotiva» (Dante Troisi).
Dei militari italiani catturati dagli Alleati fra il 1940 e il 1943 51mila furono trasferiti in prigionia negli Stati Uniti. Dopo l’armistizio, in assenza di precisi ordini militari, non tutti i prigionieri accettarono di cooperare con gli americani, per fedeltà al fascismo o per altre convinzioni politiche. Tremila non cooperatori furono concentrati a Camp Hereford, in Texas. Sulla base di una ricchissima documentazione in gran parte inedita, il libro ricostruisce per la prima volta la storia di questo speciale campo, la vita e le complesse vicende dei prigionieri. Vari personaggi poi famosi furono internati a Hereford, da Alberto Burri che cominciò allora il suo percorso artistico a Giuseppe Berto che scrisse lì il suo primo romanzo «Il cielo è rosso», al magistrato scrittore Dante Troisi, a vari giornalisti e politici di destra e di sinistra.

Giulio Meotti, Ippocrate è morto ad Auschwitz: la vera storia dei medici nazisti – Lindau, Torino 2021, pp. 364, euro 24,00
«Ho sentito dire che avrebbero fatto quella cosa e allora sono andato da loro e gli ho detto: “Santo cielo, se li uccidete tutti, almeno prendetegli il cervello, in modo da sfruttare il materiale”». Così Julius Hallervorden, il luminare della neurologia tedesca, spiegherà la propria compromissione con il programma di eutanasia del nazismo. Gli esperimenti umani e le ricerche eugenetiche erano all’ordine del giorno negli ospedali psichiatrici, nelle cliniche pediatriche e nei lager del Terzo Reich. Ma quasi nessun medico o scienziato si dimise in segno di protesta. Anzi, la Fondazione tedesca per la ricerca finanziava apertamente le sperimentazioni, e alcuni prestigiosi istituti, come il Kaiser Wilhelm di Berlino (oggi Max Planck), sfruttarono quel «materiale» per far avanzare il progresso scientifico, tanto che ancora oggi varie malattie portano il nome di medici nazisti. L’alleanza fra la scienza e lo sterminio non fu sancita da Hitler, ma da un’ideologia diffusa già all’epoca della liberale e democratica Repubblica di Weimar, che distingueva freddamente tra le vite «degne» e quelle «indegne» di essere vissute.
Negli ultimi anni è prevalsa la tendenza a considerare questi medici come mostri isolati, associando le loro storie a quelle dei tanti sadici e profittatori che si macchiarono delle peggiori atrocità naziste. Ma la realtà è ben diversa: si trattava, come Giulio Meotti dimostra in questo magistrale libro di inchiesta, di scienziati stimati che, agendo in accordo al sentire comune della Germania di quegli anni, approfittarono della situazione per condurre le proprie ricerche.

Andrea Cotticelli, Le chiavi del Mediterraneo: gli esordi del Colonialismo Italiano – Palombi Editori, Roma 2020, pp. 208, euro, 15,00
Nella seconda metà dell’Ottocento l’Italia fu l’ultima delle Potenze europee ad inserirsi nella contesa coloniale. Esploratori, missionari e commercianti italiani si avventuravano in territori sconosciuti dell’Africa per aprire la via a possibili stabilimenti commerciali, protettorati e colonie. I governi italiani, superati i molteplici problemi dovuti alla recente unificazione del Paese e stabilizzata la posizione dell’Italia nel concerto europeo, cominciarono ad indirizzare il loro sguardo verso l’oltremare.
Artefice della politica coloniale fu il Ministro degli Esteri Pasquale Stanislao Mancini, il quale, dopo le occasioni mancate in Tunisia, Egitto e Libia sulle sponde del Mediterraneo, indirizzò le sue mire verso le sponde africane del Mar Rosso convinto di trovare lì “le chiavi del Mediterraneo”.
L’ambizioso programma di Mancini prevedeva di portare il Tricolore su un esteso territorio dell’Africa Orientale, comprendente Eritrea, Sudan, Somalia ed Etiopia, che però non ebbe la possibilità di realizzarsi, se non in minima parte, sia per interferenze parlamentari che per incomprensioni internazionali.
Le navi italiane sbarcarono nel 1885 sulle coste eritree del Mar Rosso dove si creò la prima colonia che si espandeva per 400 chilometri da Assab a Massaua.
Il lungo tratto di costa occupata costituirà la base dell’Impero Coloniale Italiano che nell’arco dei successivi cinquant’anni si svilupperà nel Corno d’Africa.

Paolo Pombeni, Sinistre: un secolo di divisioni – il Mulino, Bologna 2021, pp. 200, euro 15,00
Nel gennaio 1921 al Congresso del partito socialista a Livorno si consumava la frattura con la frazione di estrema sinistra e nasceva il partito comunista. La sinistra si divideva, come del resto aveva già fatto e non avrebbe smesso di fare. Riletta nel suo complesso, la storia della sinistra si rivela un lungo duello, o serie di duelli di cui è sovente il riformismo a fare le spese, dinanzi alla seduzione della fuoruscita dalla democrazia liberale verso la realizzazione del socialismo. Oppure, più di recente, dinanzi all’arroccamento su posizioni moralistiche (come l’antiberlusconismo, o la difesa dell’intangibilità della Costituzione, o la denuncia della corruzione) su cui, dopo la fine delle ideologie, pare essersi arenata ogni capacità di riforma, ogni tensione verso il futuro.

Giacomo Pacini, La spia intoccabile: Federico Umberto D’Amato e l’Ufficio Affari Riservati – Einaudi, Torino 2021, pp. 268, euro 28,00
Chi era Federico Umberto D’Amato? E quale funzione aveva l’Ufficio Affari Riservati (Uar), che diresse per tanti anni? Solo di recente ci si è resi conto di quanto sia stato rilevante il ruolo giocato dall’Uar durante gli anni della guerra fredda in Italia, disponendo finalmente di sufficienti elementi documentali per comprendere come esso sia stato l’organismo responsabile di una delle piú spregiudicate e capillari opere di infiltrazione all’interno di partiti politici, sindacati e movimenti extraparlamentari. Questa documentazione ha dimostrato che per decenni all’Uar aveva fatto capo una sorta di polizia parallela che agiva in modo del tutto autonomo dalle canoniche forze di pubblica sicurezza e che era in grado di gestire e tenere a libro paga centinaia di informatori sparsi in gran parte del territorio italiano. L’Ufficio Affari Riservati, in sostanza, operava come un vero e proprio servizio segreto, pur non essendo giuridicamente riconosciuto come tale. E, pur non avendo alcuna legittimazione giuridica, è di fatto esistito fin dall’immediato dopoguerra senza che il suo operato abbia mai suscitato un particolare interesse da parte della stampa, delle forze d’opposizione e della magistratura. La stessa figura di Federico Umberto D’Amato, d’altronde, è ancora oggi molto poco conosciuta, sebbene egli sia certamente stato il piú importante e influente dirigente dell’Uar, per anni detentore di un potere talmente vasto da permettergli di condizionare perfino le scelte politiche dei vari ministri dell’Interno in carica.

Jacopo Lorenzini, L’elmo di Scipio: storie del Risorgimento in uniforme – Salerno Editrice, Roma 2020, pp. 328, euro 22,00
Questo libro è il racconto corale dei sogni, delle illusioni, delle contraddizioni di coloro che parteciparono al Risorgimento indossando un’uniforme. Una storia culturale e politica della professione di ufficiale nell’Ottocento italiano, raccontata attraverso le vite di tre uomini eccezionali. Salvatore Pianell, Enrico Cosenz, Cesare Magnani Ricotti.
Tre figli del Secolo, tre borghesi, tre provinciali che attraverso la carriera delle armi diventano più potenti dei duchi e dei principi che quella carriera avevano sempre considerato cosa propria. Tre percorsi simili eppure profondamente diversi, che si incontrano, si separano e si intrecciano, e attorno ai quali si affollano tanti altri attori di quella straordinaria vicenda politica, culturale e militare che fu il Risorgimento italiano.
Amici e nemici, sognatori e grigi esecutori, geni e macellai. Da Giuseppe Garibaldi ai decrepiti generali borbonici che perdono un regno per incapacità e fanatismo. Dai nobili e tetragoni cavalieri della tavola rotonda sabauda che fanno di malavoglia il Grande Piemonte, ai figli dei piccoli borghesi che fanno l’Italia, o almeno ci provano.

Paolo Naso, Martin Luther King: una storia americana – Einaudi, Torino 2021, pp. 224, 18,00
«La compassione autentica non consiste nel gettare una moneta a un mendicante: ciò non è che superficialità. Essa nasce dall’evidenza che una struttura sociale che produce la povertà ha bisogno di essere riorganizzata da cima a fondo.» (Martin Luther King).
Famoso e celebrato per aver dato un’eccezionale forma retorica al ‘sogno americano’ dell’uguaglianza e della giustizia nelle relazioni sociali, King denunciò con grande forza l’incubo del razzismo, diventando portavoce del più ampio movimento nonviolento della storia americana. In contrasto non solo con la Casa Bianca ma anche con alcuni settori della comunità afroamericana, si schierò contro la guerra in Vietnam muovendo, con il passare degli anni, una critica sempre più radicale al sistema sociale ed economico degli USA. Questa biografia ricostruisce l’azione di King come parte integrante della storia americana senza nascondere il travaglio interiore, le debolezze e il progressivo isolamento di un leader che, denunciando la connessione tra razzismo, ingiustizia sociale e militarismo, firmò la sua condanna a morte.

Sabina Pavone, I gesuiti dalle origini alla soppressione: 1540-1773 – Laterza, Roma-Bari 2021, pp.192, euro 16,00
Esaltata e ricercata per le sue qualità religiose e intellettuali, temuta per la sua intraprendenza, accusata di tramare per la conquista del mondo, la Compagnia di Gesù è tra le espressioni più importanti di quel rinnovamento della Chiesa cattolica che nel Cinquecento seguì la crisi provocata dalla riforma protestante e che portò alla nascita di numerosi nuovi ordini religiosi. Espressione della forte personalità di Ignazio di Loyola, seppe interpretare al meglio le esigenze della società di antico regime impegnandosi nei campi più disparati, da quello educativo a quello missionario, a quello spirituale, mantenendo d’altra parte uno stretto legame con il potere politico. La dimensione universale progressivamente assunta dall’ordine lo rende ancora più interessante: attraverso la sua storia è possibile seguire l’evoluzione non solo dell’Europa moderna, ma anche di paesi come la Cina o il Paraguay, dove i gesuiti si stabilirono con successo e da dove riportarono ai contemporanei i loro resoconti di quei mondi lontani.