In libreria: Kronštadt a Budapest

argentieriA venticinque anni dalla prima edizione, distribuita dal quotidiano “L’Unità” con il titolo Budapest 1956 – la rivoluzione calunniata, torna in libreria un testo ormai classico, in versione aggiornata ed ampliata con in appendice il noto saggio di Hannah Arendt in una nuova traduzione curata dall’autore stesso. Per troppo tempo in Italia l’attenzione si è focalizzata sulla legittimità o meno dell’intervento militare sovietico, quindi sui contraccolpi da esso causati nello scenario politico nazionale: è tempo di passare all’analisi del progetto politico che riuscì a delinearsi in pochi giorni, a completarsi dopo l’arrivo dei carri di Mosca e a lasciare un’eredità importante nella storia del ventesimo secolo. Come felicemente ancorché inesattamente sintetizzato da Ignazio Silone, “il Palazzo d’Inverno, Kronštadt e Barcellona si sono succeduti sulle rive del Danubio con la rapidità delle edizioni straordinarie di un giornale a grande tiratura”. E Raymond Aron poco dopo scrisse: “Operai, intellettuali, studenti, uniti secondo il sogno di Marx, insieme hanno dimostrato che il regime totalitario, pretendendo di sopprimere le rivalità, legittime e feconde, degli uomini e delle idee, forgia l’unanimità del popolo contro l’apparato della tirannia (…) la follia degli ungheresi, in rivolta da soli contro un impero onnipotente, continuerà di secolo in secolo a testimoniare per l’uomo e a dare fede nel suo destino”.
Nei suoi 12 anni al potere, il governo di Viktor Orbán ha ridotto la rivoluzione ungherese ad una mera affermazione di orgoglio nazionale, tralasciando volutamente la ricchezza insita nel progetto socialista e democratico, forgiato spontaneamente dalla nuova classe operaia creata dal regime comunista: il libro colma questa lacuna poggiando su tutta la storiografia esistente, da quella anarchica o trotzkista a quella liberale o di destra, restituendo appieno la forza di un progetto affascinante e ancora valido che temporalmente si collocò a metà strada fra l’insurrezione di Kronštadt, nel marzo 1921, e la fine dell’URSS nel dicembre 1991.
Federigo Argentieri, Il proletariato contro la dittatura. Protagonisti e interpreti del 1956 ungherese – Golem Edizioni, Torino 2021, pp. 224, euro 18,00

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Roberto Belloni, I Balcani dopo le guerre. Ascesa e declino dell’intervento internazionale – Carocci, Roma 2022, pp. 256, euro 24,00
Dopo più di due decenni di transizione postbellica, gli Stati nati dalla dissoluzione della Jugoslavia sembrano destinati a non liberarsi dalle sabbie mobili di endemiche crisi politiche, economiche e sociali, corroborate da deboli istituzioni preda di politici autocratici, alti livelli di corruzione, disoccupazione dilagante e continue tensioni etnico-religiose. Le politiche per l’ingresso delle fragili democrazie balcaniche nell’Unione Europea sono state progressivamente diluite nella mancanza di chiare e realistiche prospettive di adesione, mentre altri paesi, non da ultimo la Russia, hanno dilatato la propria influenza geopolitica e i cittadini hanno manifestato delusione e malcontento con forme organizzate di protesta, dimostrazioni di piazza ed emigrazione. Il volume ricostruisce l’evoluzione dell’enorme investimento internazionale messo in campo a sostegno dei processi di costruzione della pace nella regione dei Balcani discutendone luci e ombre, dall’ascesa dell’intervento, caratterizzato dall’ottimismo delle aspettative, al declino seguito a una fase di incertezza e di stallo che ha avviato ciniche azioni più propense ad affermare forme di stabilità istituzionale che a onorare ideali e finalità che avevano motivato l’impegno internazionale.

Adriano Prosperi, Una rivoluzione passiva: Chiesa, intellettuali e religione nella storia d’Italia – Einaudi, Torino 2022, pp. 430, euro 34,00
La Riforma protestante, nata dall’aspirazione al ritorno alla purezza evangelica delle origini, fu in realtà una grande rivoluzione che trasformò profondamente culture e società di molta parte della moderna Europa. Invece nel contesto degli Stati italiani la pronta reazione della Chiesa romana e la politica di alleanze del papato dettero vita a una vicenda diversa sulla cui natura e sui cui esiti storici si è molto discusso. Si è parlato di Controriforma, riforma cattolica, disciplinamento sociale, pensando specialmente alla repressione del dissenso religioso. Ma in realtà si trattò non di un ritorno all’antico bensí di un riassetto profondo del sistema dei poteri. Mentre il papato consolidava la sua egemonia politica sui minori stati italiani e Roma diventava una grande capitale europea capace di attirare una nutrita élite intellettuale, mutava anche il rapporto tra il clero e i laici. Il governo religioso del popolo fu affidato a un clero diventato una corporazione di intellettuali. L’aspirazione da tempo diffusa a un mutamento profondo venne bloccata e congelata nei secoli da quella che si può definire una rivoluzione passiva.
Un tema chiave dell’importante ricerca di Adriano Prosperi è quello dei contrasti di idee e di forze intorno alla religione e alle Chiese cristiane nell’età della Riforma protestante e del Concilio di Trento. Nella discussione fra storici cattolici e storici filoprotestanti e liberali la differenza di valutazione del processo attraversato dal cattolicesimo nel passaggio dal Medioevo all’Età moderna – se cioè si sia trattato di una vera riforma della Chiesa o soltanto di una repressione delle idee riformatrici di stampo protestante – aveva trovato sintetica formulazione nelle contrapposte definizioni di Riforma cattolica e di Controriforma. Definizioni insoddisfacenti proprio perché continuavano in sede storiografica la controversia dottrinale tra le Chiese. Di fatto si trattò di un processo che non coinvolse la massa della popolazione. Davanti a un caso storico simile, il Risorgimento italiano, Antonio Gramsci ne rilevò il carattere di rivolgimento che non aveva coinvolto le masse popolari e non era passato attraverso una trasformazione dei rapporti sociali. Per definirlo Gramsci ricorse alla definizione di «rivoluzione passiva» coniata da Vincenzo Cuoco. La proposta di Adriano Prosperi, nel presentare questa raccolta di saggi, è quella di applicarla anche al processo storico attraverso cui venne mutando la realtà italiana nell’età della Riforma sotto la direzione e l’egemonia della Chiesa di Roma. La Controriforma, dunque, come grande riassetto di poteri, come rivoluzione passiva.

Giuseppe Barone, Città in guerra: Sicilia 1820-1821 – Laterza, oma-Bari 2022, pp. 360, euro 25,00
Duecento anni fa, nel pieno della Restaurazione, l’Europa e l’America Latina vennero scosse simultaneamente da una serie di eventi rivoluzionari. Esperienze liberali e costituzionali attraversarono i ‘mezzogiorni d’Europa’, da Cadice a Lisbona, da Napoli e Torino alla Grecia, seguendo un percorso di uomini e di idee lungo il Mediterraneo.
In Italia il maggiore impatto fu in Sicilia, con conseguenze drammatiche sotto il profilo politico-sociale e delle relazioni internazionali. Qui le rivolte esplose a macchia d’olio assunsero i caratteri di una vera e propria ‘guerra civile’. Borghesie cittadine, notabili di paese e ‘popolo’ si schierarono pro o contro l’opzione indipendentista. Insurrezioni e scontri armati si propagarono in base alla decisione dei gruppi dirigenti di consolidare o ribaltare la leadership politica. Anticipando per molti aspetti la ‘grande rivoluzione’ del 1848, la Giunta di Palermo organizza un esercito sul modello spagnolo delle ‘guerriglie’, mentre in molti luoghi si reclutano ‘guardie civiche’ per difendere la proprietà e l’ordine sociale. Una conferma di come il biennio 1820-1821 rappresenti uno snodo periodizzante della storia dell’Italia contemporanea.

Giorgio Caponetti, Drovetti l’Egizio: l’avventurosa vita del collezionista alle origini del Museo Egizio di Torino – UTET, Torino 2022, pp. 320, euro 18,00
Oltre 150 papiri, 5000 gioielli (compresi numerosi scarabei), 150 statue, decine di mummie. Questa è solo una parte del patrimonio che nel 1829 Bernardino Drovetti riportò con sé in Italia dall’Egitto, dove aveva passato gli ultimi ventisette anni della sua incredibile vita.
Nato nella provincia piemontese, Drovetti si era mostrato da subito ambizioso e intraprendente. Soldato nell’esercito napoleonico impegnato in Egitto, poi ufficiale di campo del generale Gioacchino Murat durante le campagne d’Italia, nel 1802 fu mandato ad Alessandria d’Egitto, prima come viceconsole, poi come console generale di Francia incaricato di avviare dei nuovi rapporti commerciali con il Cairo. Ma Drovetti non si limitò alla sua pur prolifica attività diplomatica alla corte del viceré della Sublime Porta ottomana, Mehmet Alì Pascià. Appassionato di reperti e scavi, ancora prima che gli esploratori inglesi cominciassero le spedizioni per completare gli spazi bianchi rimasti nelle mappe del globo, si avventurò per l’Egitto a caccia di antichità e monumenti, intercettando la neonata passione europea per l’archeologia. Per anni Drovetti “l’Egizio” si destreggiò abilmente tra i rivolgimenti della storia, tra imperi che crollavano, guerre civili e abdicazioni, facendo arrivare in Italia le ricchezze che costituiscono oggi il nucleo iniziale del Museo Egizio di Torino, oltre a svariati pezzi finiti poi ad arricchire le sale del Louvre, del Neues Museum di Berlino, o le collezioni esposte a Vienna, Ginevra e Monaco.

Guido Zucconi, La città dell’Ottocento – Laterza, Roma-Bari 2022, pp. 184, euro 16,00
Le stazioni ferroviarie, le gallerie commerciali, le esposizioni universali, i quartieri industriali sono alcuni dei luoghi che caratterizzano la città dell’Ottocento e che hanno segnato la nascita della metropoli contemporanea. Insieme con i lungomare, gli anelli di circonvallazione, i sobborghi-giardino, i quartieri degli affari hanno dato origine allo scenario urbano in cui oggi viviamo. Arricchita da una nuova introduzione, questa edizione si avvale anche di una bibliografia aggiornata.

Wolfgang Schwentker, I samurai – il Mulino, Bologna 2022, pp. 168, euro 13,00
Il libro racconta le vicende della leggendaria classe guerriera nello specchio della storia, della cultura e della società giapponese, ricostruendone non solo le imprese militari, ma anche lo stile di vita e il ruolo sociale. La nascita, l’ascesa e il declino dei samurai coprono un tempo di oltre mille anni, dai primi guerrieri del V/VI secolo alla loro abolizione formale come classe sociale dopo la restaurazione Meiji del 1868. Anche dopo la disgregazione come classe dirigente, l’antica ideologia samurai del bushidō («la via del guerriero») ha continuato a vivere nel Giappone moderno, come mito con cui interpretare la propria storia secondo i vecchi principi e gli ideali di fedeltà e onore. Altrettanto durevole è il lascito che le loro gesta e i loro valori hanno trasmesso all’immaginario non soltanto giapponese, ispirando la letteratura e il cinema.

Mara Morini, La Russia di Putin – il Mulino, Bologna 2022, pp. 216, euro 14,00
Come si può definire il regime politico instaurato da Vladimir Putin, «l’uomo più potente del mondo», secondo la definizione di Forbes nel 2013? Quali conseguenze sociali e politiche ha determinato la «dittatura della legge» del Presidente? E, soprattutto, quali sono le eredità politiche, culturali e istituzionali del passato che ancora plasmano la società e il mondo politico russo? Il volume offre il ritratto di un paese che è poco conosciuto nelle sue dinamiche interne, ma che è un attore primario nello scenario geopolitico contemporaneo, nella guerra al terrorismo in Cecenia, nel conflitto con l’Ucraina per l’annessione/invasione della Crimea; nella cyber war con l’America di Trump e nella costruzione delle fake news per contrastare sentimenti russofobici.

Frediano Sessi, Il bambino scomparso: una storia di Auschwitz – Marsilio, Venezia 2022, pp. 160, euro 16,00
Quando un evento orribile resta «incistato dentro, come un proiettile nel cervello», per sopravvivere al dolore si può parlarne, scriverne, tentare «di risolvere il rompicapo dell’invadenza» del passato nel presente, oppure confinare il ricordo in un angolo buio della mente, togliendogli voce e corpo, rendendolo altro da sé. Nel gennaio 1945, alla liberazione del campo di Auschwitz, Luigi Ferri, che appena undicenne era stato internato a Birkenau, sceglie il silenzio. Un silenzio radicale, senza appello, il solo che può lenire il trauma della prigionia e consentirgli di guardare al futuro con un barlume di speranza. Da quel giorno, Luigi cancella ogni traccia di sé, vanificando gli sforzi di studiosi, ricercatori, storici ed enti istituzionali che «hanno setacciato in lungo e in largo gli archivi nazionali e le anagrafi» per ritrovare il «bambino scomparso» di Auschwitz. Frutto della testimonianza raccolta attraverso colloqui privati con Luigi e della scoperta di materiali inediti, in questo libro Frediano Sessi, tra i principali studiosi italiani della Shoah, ripercorre le orme di quel bambino dalla fatidica notte dell’arresto – quando, pur ariano e cattolico, segue volontariamente la nonna ebrea – all’incontro con il medico austriaco Otto Wolken, il prigioniero che gli salva la vita e diventa per lui un secondo padre. Fino ai giorni concitati che vedono l’arrivo delle truppe sovietiche e la conclusione di un incubo durato tanto. Forse troppo.

Fulvio Delle Donne, Federico II e la crociata della pace – Carocci, Roma 2022, pp. 160, euro 15,00
La crociata di Federico II di Svevia (1228-29) fu straordinaria per vari motivi. Contrariamente a quanto era sempre accaduto, la Terra Santa fu riacquisita alla cristianità senza alcuno spargimento di sangue, ma soltanto con accordi diplomatici, secondo i proclami imperiali. Inoltre, a compiere l’impresa fu uno scomunicato, un escluso dalla comunità dei cristiani. Un’eccezionale aura mistica avvolse poi l’evento in un’epoca che attendeva la fine dei tempi: l’arrivo imminente dell’Anticristo sarebbe stato preceduto dal trionfo di un ultimo imperatore, che, secondo i vaticini, avrebbe riunito Oriente e Occidente riportando sulla Terra l’età dell’oro. Fu una crociata pacifica e controcorrente: ricondurla alla memoria della nostra contemporaneità carica di tensioni e scontri tra religioni e “civiltà” può contribuire a comprendere il presente attraverso lo studio del passato. E viceversa.

Pier Paolo Battistelli, La guerra greco-italiana 1940-1941. L’errore fatale di Mussolini nei Balcani – LEG, Gorizia 2022, pp. 184, euro 20,00
Sulla scia della rapida annessione dell’Albania da parte dell’Italia nell’aprile del 1940, la decisione di Mussolini di attaccare la Grecia nell’ottobre di quell’anno è ad oggi ampiamente riconosciuta come un errore fatale, che portò a una crisi interna e al crollo della reputazione dell’Italia come potenza militare (sottolineato dalla sconfitta italiana in Nord Africa nel dicembre 1940). L’assalto italiano alla Grecia si tramutò in una situazione di stallo in meno di quindici giorni, cui fece seguito, una settimana dopo, una controffensiva greca che sfondò le difese italiane per procedere poi verso l’Albania, costringendo le forze italiane a ritirarsi a nord prima di ridursi a metà degli effettivi nel gennaio del 1941, a causa di problemi logistici. Alla fine, gli italiani approfittarono di questa breve pausa per riorganizzare le truppe e preparare una controffensiva, il cui fallimento segnò la fine della prima fase della campagna dell’Asse balcanico. Questo libro, primo di una serie di due volumi dedicati alle campagne dell’Asse nei Balcani, offre una panoramica dettagliata degli eserciti dei due schieramenti, italiano e greco, della loro potenza combattente e del terreno in cui hanno combattuto. Corredato da immagini rare o inedite, oltre che da illustrazioni a colori, spiega ai lettori come le aspettative di una facile vittoria italiana si siano rapidamente trasformate in uno dei più grandi errori di Mussolini.