I MARTIRI CRISTIANI DELL’ESERCITO ROMANO

di Max Trimurti -

Le persecuzioni romane contro i Cristiani, specialmente quelle del III secolo, ebbero come obiettivo anche i soldati convertiti, secondo i racconti in gran parte leggendari tramandati nel Medioevo.

Molto tempo prima che l’Impero Romano consentisse il libero culto del Cristianesimo per decisione dell’imperatore Costantino (306-336), i Cristiani subirono vessazioni, indubbiamente in maniera meno regolare di quanto non lasci intendere una idea preconcetta. Essi venivano accusati di rifiutare di fare sacrifici in onore dell’imperatore e degli dei pagani. I primi provvedimenti coercitivi risalgono al regno di Nerone (54-68), seguito da una repressione più mirata, specialmente nel I e nel II secolo.
La persecuzione più feroce si verifica nella seconda metà del III secolo in un contesto di difficoltà con le quali si trovava alle prese il potere centrale romano, che faticava ad assicurare l’ordine interno e la pace alle frontiere. Nel corso dei decenni fra il 250 ed il 300, gli imperatori Decio, Valeriano, Galerio, Massimiano e Diocleziano, opereranno da sovrani decisamente anti-cristiani.
Diocleziano, salito al trono imperiale nel 284 e responsabile di una serie di importanti riforme politiche, si rivolge contro i Cristiani accusati di aggravare i pericoli che minacciavano l’Impero. Egli perseguita i fedeli del Cristo soprattutto nella parte orientale del mondo romano, permettendo al suo braccio destro e co-imperatore Massimiano di fare la stessa cosa in Occidente; ciascuno si sceglie come aiutante un uomo di fiducia: Galerio per Diocleziano e Costanzo Cloro per Massimiano.
I racconti relativi ai martiri si sono però moltiplicati nel V e VI secolo e risultano, pertanto, molto posteriori ai fatti cui si riferiscono. Da tutto ciò derivano aspetti controversi, se non fantasiosi agli occhi degli storici moderni. Per meglio consolidare la posizione della Chiesa nascente (a seguito dell’Editto di Tolleranza di Costantino nell’anno 313), diversi intellettuali cristiani hanno raccontato in una prospettiva chiaramente agiografica il destino tragico di personaggi particolarmente eroici davanti alla morte. Questi racconti avevano lo scopo di offrire ai credenti modelli di coraggio. In tale prospettiva sono stati attribuiti a questi martiri sofferenze e morti terribili (martirizzati con le tenaglie, spellati vivi, al rogo, ecc.).
Un certo numero di cristiani erano cittadini romani e, fra questi, diversi erano servitori dell’Impero nelle legioni. I più celebri legionari romani cristianizzati sono morti da martiri sotto Decio e Valeriano (dopo il 250), quindi sotto il regno di Diocleziano. Si tratta di Marcello da Tangeri, Ippolito (compagno di San Lorenzo di Milano), Ferreol di Vienne, Espedito d’Armenia, Romano di Roma, Adriano di Nicomedia o ancora Exupero d’Agauno… Ancora più celebri, Sebastiano da Milano, Giuliano di Brioude, Vittore di Marsiglia, Maurizio d’Agauno e Giorgio di Lydda. Gli ultimi due diventeranno anche i santi patroni nazionali, come Maurizio per la Svizzera e Giorgio per l’Inghilterra.

I cristiani nell’esercito

In un contesto sconvolto dalle incursioni germaniche, mentre le legioni erano carenti di effettivi, contando fra le loro fila più coscritti che volontari, la questione dell’integrazione dei cristiani nell’esercito romano creò divisioni profonde fra i teologi. Alcuni di essi denunciavano il sangue versato da coloro che si dicevano prima di tutto fedeli del Cristo. L’antipapa e sapiente Ippolito di Roma (170 circa- 235) scrive: “Il soldato subalterno non ucciderà nessuno. Se ne riceve l’ordine egli non l’eseguirà e non presterà giuramento. Se egli si rifiuta, egli sarà cacciato (…). Il catecumeno o il fedele che si vuole fare soldato verranno cacciati perché essi si sono allontanati da Dio” (La Tradizione apostolica). Origene (185 circa-253), padre della Chiesa e contemporaneo di Ippolito, afferma: “Mentre – i pagani – combattono da soldati – i Cristiani – combattono come preti e servitori di Dio; essi mantengono pura la loro mano destra, ma lottano attraverso le preghiere indirizzate a Dio per quelli che si battono giustamente e per colui che regna con giustizia, in modo tale che tutto quello che si oppone o è ostile a quelli che agiscono con giustizia, possano essere vinti. Per di più, noi, che per mezzo delle nostre preghiere vinciamo tutti i demoni che suscitano le guerre e che fanno violare i giuramenti e sconvolgono la pace, noi portiamo all’imperatore un aiuto maggiore di quelli che combattono” (Contra Celsum).
Nella sua Historia ecclesiastica, Eusebio da Cesarea (morto nel 339), ci riporta questa testimonianza circa la sorte dei cristiani diventati legionari: “Si è potuto osservare un grande numero di militari abbracciare molto volentieri la vita privata per evitare di diventare dei rinnegati della religione di Dio dell’Universo. Subito dopo che il capo dell’esercito… ha iniziato le operazioni di persecuzione contro le truppe, egli ha catalogato ed epurato quelli che servivano nell’esercito; Egli ha dato loro la possibilità di scelta fra obbedire e continuare a godere del loro grado, oppure, al contrario, di esserne privati, nel caso in cui avessero fatto il contrario di quanto fosse stato loro ordinato. Un gran numero di soldati del regno di Cristo hanno preferito, senza esitazione di confessare la loro fede, rinunciando ad onori apprezzati e ad una situazione vantaggiosa A quel punto succedeva raramente che uno o due fra di loro hanno dovuto sopportare non solo la perdita della loro dignità, ma anche la morte per la loro resistenza religiosa.”
Queste affermazioni sono chiarite da alcuni fatti, dei quali uno si è svolto nel 295 sul suolo della Numidia (parte nord dell’Attuale Algeria): Massimiliano, convertito, rifiuta di servire nei ranghi della sua legione come gli era stato ordinato da suo padre. Intimato nuovamente dal governatore di Theveste (oggi Tebessa) egli tiene testa alle minacce e verrà messo a morte (secondo la Passione di San Massimiliano, un testo citato nel 1689 dal monaco benedettino Dom Ruinart). Qualche anno dopo, Marcello, centurione, protesta pubblicamente contro il giuramento di fedeltà che egli doveva onorare sotto l’uniforme; presentato davanti ad un ufficiale superiore a Tangeri, morirà decapitato.
Nella stessa epoca, il retore Lattanzio racconta, nel suo Della morte dei persecutori della Chiesa, di un sacrificio compiuto da Diocleziano in presenza di ufficiali, alcuni dei quali erano diventati cristiani; questi ultimi avevano fatto il segno della croce e allontanato i “demoni” (divinità pagane), turbando in tal modo il corso della cerimonia. L’imperatore, in collera, aveva dunque disposto la condanna immediata dei responsabili alla fustigazione. Diversi storici moderni sfumano alquanto il presunto martirio, presentato come tale dalla tradizione, individuando piuttosto un più semplice provvedimento sanzionatorio per insubordinazione.
Nel 303 e nel 304 vennero promulgati quattro editti contro il Cristianesimo che prevedevano, tra l’altro, la demolizione delle chiese, l’arresto dei membri del clero e l’obbligo di sacrificare agli dei. Nell’ambito dell’esercito Diocleziano e Massimiano cacciarono dalla truppa tutti i cristiani che si rifiutavano di fare sacrifici agli dei, con un seguito anche di pene di morte.

Il centurione Longino

Le fonti dedicate ai martiri, sono, nella stragrande maggioranza, posteriori di uno o due secoli. La riscrittura di fatti tramandati nel corso dei decenni, spesso per tradizione orale, risulta all’origine di storie dubbiose o appositamente abbellite. Conviene ricordare, prima di tornare alla persecuzione della seconda metà del III secolo e degli inizi del IV secolo, che un centurione aveva inferto il colpo di lancia fatale a Gesù sulla croce e che la tradizione ha riferito che, in seguito, si sia convertito. Futura “Santa Lancia”, il giavellotto del soldato diviene oggetto di venerazione nell’alto Medioevo. Citato, senza peraltro essere nominato, nel Vangelo di Matteo, questo soldato appare anche nel Vangelo di Nicodemo del IV secolo, dove viene chiamato Longino, un nome quasi certamente inventato e che sarebbe derivato dalla traduzione greca del termine lancia (lonché). Verso il 1260, il celebre vescovo domenicano Jacopo da Varagine (Varazze), racconta il destino di Longino nella Leggenda Aurea, dove non risparmia alcun dettaglio a connotazione fantastica: malato di vista, il soldato avrebbe ritrovato tutti i suoi mezzi al contatto del sangue di Cristo che cadeva dal suo giavellotto; egli si converte, abbandona l’esercito e muore da martire dopo 30 anni trascorsi a Cesarea di Cappadocia (Kaiseri in Turchia).

Il massacro della legione tebana

Uno degli episodi più conosciuti, sprovvisto di fondamenti storici e che associa cristianesimo all’esercito romano, riguarda il supplizio dell’ufficiale Maurizio e dei suoi uomini nelle Alpi svizzere, fra il 297 ed il 303. Arruolati nella legione tebana, presumibilmente originari dell’Egitto già fortemente cristianizzato, tutti questi soldati (6 mila) vennero passati a fil di spada nei pressi della località di Acaunum o Agaunum, diventata poi San Maurizio d’Agauno, nel Cantone del Vallese. La Passione di San Maurizio viene riferita intorno al 440 dal vescovo di Lione, Eucherio, nella sua opera Passio Acanuensium martyrium. Secondo il vescovo, l’imperatore Massimiano, braccio destro di Diocleziano, attraversava le Alpi per andare a colpire i cristiani della Gallia. Egli, in tale occasione, ha ascoltato Maurizio che gli ha dichiarato: “Noi siamo, imperatore, tuoi soldati, ma tuttavia, come noi lo confessiamo in tutta libertà, anche i servitori di Dio. A te noi dobbiamo l’obbedienza militare, a Lui una coscienza pura (… …) Noi ci siamo in primo luogo impegnati per giuramento a Dio e poi ci siamo impegnati per giuramento verso l’imperatore; credilo: nulla ci obbligherà a rispettare il secondo giuramento, se noi rompiamo il primo”. Massimiano, dopo aver ordinato in un primo tempo la decimazione, avrebbe poi decretato la morte di tutti quelli che ricalcitravano, senza eccezioni. Eucherio fornisce anche alcuni nomi delle vittime: i sottufficiali Candice ed Exupero o Esupero. infine Vittore, un veterano che si trovava a passare per caso nella zona, indignatosi apertamente per tale provvedimento, verrà a sua volta giustiziato. Al testo di Eucherio si aggiunge una fonte, anonima e quasi contemporanea, che porta un’altra motivazione per il martirio: il rifiuto di sacrificare in onore degli dei e non quello di essere stati obbligati a prendere parte alle persecuzioni nella Gallia.
Alcuni storici, fra i quali lo specialista dell’esercito romano del Basso Impero, Denis Berchem (Il martirio della legione tebana. Saggio sulla formazione di una leggenda, 1956) hanno proposto una lettura critica dei fatti evidenziando diverse inverosimiglianze: non esisteva nessuna “legione tebana” fra quelle in servizio al tempo di Diocleziano e Massimiano; il numero di seimila uomini risulta manifestamente esagerato; l’anacronismo della decimazione (misura in uso sotto la Repubblica, raramente nel corso del Basso Impero, ma superata nel III secolo); la terminologia impropria riguardo i gradi di Maurizio e di Candice, che derivano dalla cavalleria e non della fanteria.
Il massacro della legione tebana è stato, in ogni caso, all’origine di un luogo di culto iniziato ad Agauno intorno al 330, dopo che Theodoro, vescovo di Octodure (attuale Martigny), aveva visto in sogno le ossa dei defunti. Viene fatta costruire una basilica intorno alla tomba reliquiario di Maurizio e questo primo edificio paleocristiano sarà il punto di partenza dell’importante abbazia fondata nel 515 e tutt’oggi in attività. E’ dunque in questo contesto di progressivo fervore che si inserisce la narrazione di Eucherio da Lione. In Svizzera, nella Savoia, nel Delfinato e nel versante italiano delle Alpi verranno dedicate diverse chiese a San Maurizio, specialmente la cattedrale di Vienne (dipartimento dell’Isere), che conserva cinque grandi arazzi della fine del XVI secolo, il cui tema è, appunto, la passione dei legionari.

Vittore e Sebastiano

Nel V secolo un monaco di Marsiglia di nome Giovanni Cassiano ci riferisce il racconto di Vittore, una vittima delle persecuzioni di Diocleziano; alcune fonti lo dicono collegato con Maurizio di Agauno, mentre altri propendono per una semplice omonimia. Intimato di rendere omaggio a Giove, Vittore rovesciò con un calcio l’altare del sacrificio e per questo ebbe come pena l’amputazione del piede, morendo stritolato in uno stampo. La posterità lo ha trasformato nel santo patrono dei mugnai e di Marsiglia. Come per Giuliano di Brioude, anche questo santo darà origine a un santuario paleocristiano che in seguito si trasformerà nell’abbazia di San Vittore, oggi non lontana dal vecchio porto della città.
Altri santi appaiono in uniforme militare, come ad esempio Sebastiano da Milano. Questi, tribuno della guardia pretoriana, sarebbe stato un intimo di Diocleziano ma, caduto in disgrazia per aver proclamato la sua fede, l’uomo sarebbe stato condannato a morire trafitto da frecce (“Egli portava la clamide militare solamente per aiutare e consolare i cristiani perseguitati”, ricorda la Leggenda Aurea). Sebastiano, essendo sopravvissuto al supplizio, si presenta di nuovo davanti all’imperatore che, a quel punto lo farà flagellare a morte. Se la rappresentazione più comune è quella di Sebastiano, mezzo nudo, legato ad una colonna e trafitto di frecce, esistono anche altre rappresentazione che ce lo presentano come un soldato. Il vescovo di Milano, Ambrogio, eminente figura cristiana della seconda metà del IV secolo, si riferisce al primo di questi personaggi, propagando in tal modo il suo culto.

Riscrittura dei fatti e “invenzioni” di nuove figure di soldati

A partire dal Medioevo, diversi autori “arrangiano” le informazioni, peraltro non dimostrate storicamente, aggiungendovi ulteriori elementi fantasiosi. A Maurizio vengono associati nuovi compagni di sventura come Felice, Regula ed Esuperanzio, che diventano i patroni della città di Zurigo. Viene citato anche Amore e Viatore, le cui reliquie verranno poste intorno al 580 nella prima chiesa di Sant’Amour, nel Giura, costruita da Gontran I, re di Borgogna e nipote di Clodoveo.
Altri martiri, descritti oggi come legionari, sono stati presentati come tali solo molto tempo dopo i primi racconti della loro passione. Questo è il caso di Giuliano.
L’uomo, originario di Vienne (Isere), da cui è costretto a fuggire agli inizi delle persecuzioni adottate da Diocleziano, viene catturato da alcuni ufficiali che gli taglieranno la testa, seppellendone il corpo a Brioude (nel Dipartimento dell’Alta Loira), probabile luogo della sua morte. Le fonti primitive, specialmente Gregorio di Tours, nel VI secolo, non forniscono informazioni sul fatto se Giuliano servisse o meno nella legione e le prime notizie a riguardo compariranno solo verso l’anno mille. Peraltro, anche la stessa Leggenda Aurea, del XIII secolo, non fa alcun riferimento alla sua presunta condizione militare. Una prima chiesa in onore del santo verrà eretta a Brioude, intorno alla sua pretesa tomba, presso la quale verrà seppellito, nel 456, anche l’effimero imperatore romano Avitus.
Un altro fatto, la morte di Espedito, decapitato in Armenia il 19 aprile del 303, sarebbe del tutto infondato, al punto che la Chiesa cattolica cercò di annullarne il culto. Questo specifico culto sarebbe stato portato in Occidente nel XVII secolo, anche se era giù diffuso in Oriente. Invocato per l’accelerazione di provvedimenti che tardano (come i processi), Sant’Espedito viene rappresentato come un legionario con la croce in una mano ed un palma del martirio nell’altra; il suo piede si appoggia sopra un corvo che simbolizza il diavolo. Le sue raffigurazioni, sebbene non omologate dalla Chiesa, non sono state tuttavia tolte da tutte le cappelle.

La leggenda di San Giorgio di Lydda

Il fiorire di racconti, riferiti ai santi soldati o guerrieri, coincide specialmente con lo sviluppo della cavalleria e delle prime Crociate, nell’XI secolo. Questi racconti dovevano in qualche modo sposarsi con le esigenze morali del mondo medievale. A tal fine va ricordato, in particolare, il destino del celebre Giorgio (festeggiato il 23 aprile), soldato romano, morto nel 303 a Lydda (oggi Lod in Israele), dove si trova la sua tomba. La sua storia apparsa in un’epoca imprecisata, sarebbe stata largamente ispirata dalla mitologia greca, specialmente dal Perseo che affronta la gorgone Medusa; nel XIII secolo questa leggenda assume una caratteristica fantastica, allorché viene associato a Giorgio un dragone, elemento favoloso, già evocato in Oriente. Giorgio entra in tal modo nella categoria dei santi autoctoni o “uccisori di dragoni”, a somiglianza dell’arcangelo Michele e di Santa Marta. Il dragone affrontato dall’ufficiale in una città immaginaria di Lybia (o del Libano in altre versioni) per liberare la figlia di un re, costituisce la metafora del demonio o della divinità pagana. Una volta vinta la bestia, il valoroso soldato compirà il suo martirio, torturato e decapitato per ordine di Diocleziano.
San Giorgio, nel corso dei secoli simbolo di coraggio, cambierà rapidamente la divisa del legionario con quella del cavaliere, di cui diventerà il santo patrono, federando intorno alla sua bandiera Templari, Ospedalieri e altri Crociati. Per inciso San Giorgio viene prescelto come santo patrono di Genova, città anch’essa legata all’Oriente per i suoi commerci. Egli diventerà, a partire dal XIV secolo, anche il patrono dell’Inghilterra. A volte il santo viene presentato come un soldato romano, ma la stragrande maggioranze delle opere d’arte ce lo mostra da cavaliere che trafigge con la sua lancia la creatura nemica. Vittore da Marsiglia, sopra citato, molto meno popolare di San Giorgio, conoscerà lo stesso destino letterario, affrontando anche lui un animale favoloso.

Altri martiri celebri

Si conoscono anche altri martiri celebri, a volte descritti come non militari, ma che comunque frequentarono ambienti militari e che abbracciarono il cristianesimo. Questo è il caso di Ferreol di Vienne, amico di San Giuliano di Brioude e patrono della cittadina di Lorgues in Provenza. Ferreol, arruolato nell’esercito romano, nel quale divenne tribuno nella guarnigione di Vienne, abbracciò la fede cristiana. Egli cercò di proteggere il suo amico e subordinato Giuliano di Brioude, ma per questo fu imprigionato. Riuscito a evadere, attraversò il Rodano a nuoto, ma giunto sulla riva della Gier, venne riacciuffato dai soldati romani e da essi ucciso. Altro esempio da ricordare è quello di Sant’Ippolito, patrono di Bardonecchia e compagno di sventura del celebre San Lorenzo di Roma: nel 258, tribuno e carceriere di quest’ultimo (che subì il supplizio della graticola), Ippolito confessò la sua fede nel Cristo e venne per questo condannato a morire squartato. Sulla vita di Sant’Ippolito esistono peraltro diverse versioni.
Altri racconti, ugualmente privi di fondamento storico, riguardano martiri spesso molto anteriori alle grandi persecuzioni del III secolo. A proposito di Eustachio, la cui vita coincide con il regno di Trajano (98-117) e di Adriano (117-138), Iacopo da Varagine racconta, a partire da un testo di Giovanni Damasceno, risalente al VIII secolo: “Eustachio si chiamava Placido e comandava le truppe dell’imperatore Trajano. Era un uomo buono e misericordioso ma dedito al culto degli idoli”. Durante una partita di caccia, Eustachio, vide l’apparizione del Cristo sotto le sembianze di un cervo; egli si convertì, insieme a moglie e figli e morì giustiziato per ordine di Adriano, per il suo rifiuto di sacrificare alle divinità dell’Olimpo. Egli venne rinchiuso in un cavallo portato ad alta temperatura. In questo caso vale la pena far risaltare la poca verosimiglianza del supplizio e il fatto che nessuna repressione contro i Cristiani risulta attestata sotto il regno di Adriano.
Il rapporto fra l’esercito romano e il cristianesimo conobbe una felice conclusione qualche decennio dopo l’Editto di Tolleranza del 313 con San Martino di Tours (316-397). La tradizione vuole che questo soldato, in servizio ad Amiens nel 334, abbia diviso il suo mantello con un povero e che in seguito sia diventato Vescovo di Tolosa e abbia fondato il primo monastero della Gallia.

Per saperne di più

Beaude Pierre Marie, Premiers chrétiens, premiers martyrs, Decouverte Gallimard, 1993.

Dehoux Esther, Georges, Guillaume, Maurice et Michel dans la France médiévale (XIe-XIIIe siècle), PUF, 2014.

Kleinberg Aviad, Histoire de saints: leur role dans la formation de l’Occident, Gallimard, 2005.

Bisconti, Mazzoleni, Alle origini del culto dei martiri. Testimonianze nell’archeologia cristiana, 2004.

T. Baumeister, La teologia del martirio nella Chiesa antica, 1995.