FIDEL CASTRO, BREVE STORIA DI 50 ANNI DI POTERE ASSOLUTO

di Max Trimurti -

Il dittatore cubano volle incarnare l’idea stessa di rivoluzione mondiale. Per questo giocò un ruolo politico internazionale spesso assai più ampio rispetto alla reale dimensione geopolitica dell’isola di Cuba.

Fidel Castro (1926-2016) ha governato Cuba dal 1959 al 2008. Ponendosi sin dai primi giorni della caduta di Fulgencio Batista come l’incarnazione della rivoluzione, il cosiddetto Lider maximo riuscì a concentrare nelle sue mani, in soli sei mesi, poteri amplissimi. Nominato primo ministro ed avendo sospeso la Costituzione e l’habeas corpus, Fidel avrebbe governato per decreti, influenzando con tutto il suo peso la giustizia. L’INA (Istituto Nazionale della Riforma Agraria), appena creato e totalmente sottomesso al dittatore, divenne una formidabile leva di riforma della società. La popolarità del capo era grande; il decreto che ridusse del 50% gli affitti delle case urbane fece parte di questi provvedimenti.
Entro il 1960, in poco più di un anno, Castro e i suoi diedero forma e sostanza a un potere totalitario reso possibile da una quadruplice dinamica. La moltiplicazione dei “comitati di appoggio al processo rivoluzionario” consentiva di mobilitare gli entusiasmi popolari in favore del nuovo potere. L’infiltrazione sistematica delle istituzioni tramite uomini sicuri, spesso provenienti dal partito comunista, contribuì a emarginare le altre componenti del movimento ostili a una svolta dittatoriale. In questo contesto l’appello all’epurazione, lanciato dal Lider maximo subito dopo l’insediamento non colpì solo i fautori di Batista ma anche tutti i possibili oppositori del neonato regime.
La società venne divisa in “rivoluzionari” e “contro-rivoluzionari”. Se nel 1959 l’epurazione si era conclusa con 553 esecuzioni capitali, il loro numero raggiunse i 1330 nel 1960. L’esplosione nel marzo 1960 di un cargo belga carico di armi nel porto dell’Havana, che provocò 100 morti e 400 feriti, venne denunciata da Castro come un sabotaggio della CIA.

Contro qualsiasi liberalizzazione del regime

Fidel e Raul Castro a Cuba nel 2001

Fidel e Raul Castro a Cuba nel 2001

L’ostilità degli Stati Uniti spinse il governo cubano ai sovietici, giunti in delegazione all’Havana nel febbraio 1960. Come conseguenza, il presidente degli Eisenhower avrebbe autorizzato nel marzo dello stesso anno la CIA a preparare gli esiliati anticastristi per una operazione armata. Dopo il fallito sbarco nella Baia dei Porci nell’aprile 1961, Castro, ormai forte del supporto di Mosca, proclamò il carattere socialista della rivoluzione e rimandò sine die le elezioni.
Gli anni 1961 e 1962 furono quelli di una caccia sistematica agli oppositori. Ai fedeli del vecchio regime si aggiunsero tutti i cubani restii all’irreggimentazione da parte dello Stato: cattolici, protestanti, santeros (adepti di un credo sincretico locale), artisti, sindacalisti. Perseguitati senza pietà, essi furono imprigionati o costretti all’esilio, aggiungendosi così ai 200mila già espulsi nel primo anno. Seguiranno i partigiani dell’Escambray, diretti da vecchi capi rivoluzionari. Creati a partire dal 1960, definiti “banditi” secondo la terminologia ufficiale, essi vennero definitivamente schiacciati nel 1967 dopo una contro insurrezione particolarmente brutale.
Dal 1961 al 1968 Fidel Castro impiegò i mezzi forniti dai sovietici per radicalizzare le lotte di decolonizzazione nel Terzo mondo e al contempo promuovere la rivoluzione in America latina. Castro pretendeva di inventare un nuovo socialismo, pur accettando, alla fine, di piegarsi agli accordi fra americani e sovietici in occasione della crisi dei missili del 1962.
Sul piano interno, seguì quindi il momento dell’irrigidimento nei confronti degli “antisociali”, inviati alla rieducazione in unità militari di aiuto alla produzione. La monocultura della canna da zucchero ritornò in auge nel contesto della divisione socialista del lavoro.
Tutte queste strategie sulla via del “socialismo reale” si sarebbero accentuate nel corso degli anni 1970-80. La persecuzione del poeta Heberto Padilla alienò a Fidel il sostegno dell’intellighenzia mondiale, da Jean Paul Sartre a Jorge Mario Vargas Llosa. Fu solo negli anni Ottanta che Castro scelse la strada della realpolitik: riallacciò relazioni con numerosi paesi sudamericani, compreso il Cile, e successivamente con i paesi europei e asiatici. Non venne meno, invece, il sostegno militare per iniziative militari e insurrezionali in Africa e, in maniera più discreta, in America centrale.
La perestrojka e la fine dell’URSS si tradussero in un irrigidimento all’interno del regime cubano. Castro si oppose a qualsiasi liberalizzazione, come dimostrò l’incredibile processo contro il possibile rivale rappresentato dal generale Arnaldo Ochoa Sanchez, condannato a morte e giustiziato nel 1989 con altri ufficiali superiori.
La Costituzione, adottata nel 1992, riportò in auge il pensiero degli eroi dell’indipendenza nazionale, come José Martì Perez, e dunque non più solamente il marxismo-leninismo. La fine dell’aiuto sovietico provocò gravi difficoltà economiche, parzialmente compensate dall’arrivo al potere di Hugo Chavez in Venezuela: il nuovo leader della sinistra venezuelana permise infatti un rifornimento di petrolio a buon mercato a vantaggio di Cuba. Anche l’amicizia con Mosca riprese vigore, questa volta sotto lo sguardo compiaciuto di Vladimir Putin.
Da quel momento, fino al suo ritiro dalla scena politica nel 2008, Castro moltiplicò i finti gesti di apertura. Giovanni Paolo II (nel 1998) e Jimmy Carter (nel 2011) giunsero in visita a Cuba. Le condizioni per il ritorno degli esiliati furono rese più agevoli. Fu permesso ai cubani di possedere dollari. Ma gli oppositori civili, specialmente quelli che nel 1988 tentarono di istituire il diritto alla libera associazione e alla libertà d’espressione, finirono in gran parte in prigione.
Le condizioni di salute di Fidel Castro obbligarono nel 2008 il passaggio di poteri al fratello Raul. Ma saranno sempre le ceneri di un capo di Stato quelle che verranno sepolte a Santiago de Cuba nel 2016.

Per saperne di più
S. Raffy, Fidel Castro, una vita, Rizzoli, 2016
Armando Valladares, Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe. Dal fondo delle carceri di Fidel Castro, Spirali, 2007
F. Castro e I. Ramonet, Autobiografia a due voci, Mondadori, 2006