ENHEDUANNA: LETTERATURA, RELIGIONE E POLITICA NELLA MESOPOTAMIA DI 5000 ANNI FA

di Luca Vinotto -

 

Scrittrice e poetessa, la figlia di Sargon il Grande partecipa attivamente alla costruzione del nuovo ordine sociale creato dal padre, trasformando in uno Stato coeso le rissose città stato che per ottocento anni avevano prosperato indipendenti.

Vorrei farvi conoscere un personaggio femminile tanto straordinario quanto dimenticato. Siamo alla fine del 24mo secolo avanti Cristo, in una regione che ha visto nascere una delle più antiche civiltà della storia, la Mesopotamia. Sargon il Grande, homo novus di umilissime origini (le fonti affermano fosse figlio illegittimo di una sacerdotessa), formidabile stratega e grande innovatore dell’arte bellica, ha concluso il suo primo ciclo di conquiste, riunendo le città sumere della Bassa Mesopotamia e quelle semite dell’Alta Mesopotamia in un unico impero, il primo della storia. Termina così l’età delle città-stato indipendenti, durato circa un millennio, e si apre l’epoca degli Stati regionali. È un momento di radicali cambiamenti sociali, politici ed economici, di enorme prosperità e grande violenza che porta all’allargamento degli orizzonti non solo tecnici e scientifici, ma anche artistici e intellettuali.
Enheduanna (che in sumero significa “La sacerdotessa che è l’ornamento del cielo”) è figlia di Sargon e sorella, zia e prozia di re destinati a diventare leggendari per le popolazioni mesopotamiche dei duemila anni successivi.
Nel tentativo (riuscito solo in parte) di legare tra di loro cinquanta e più città sottomesse, Sargon fa nominare due sue figlie En, (“Alta Sacerdotessa”) del dio Enlil a Nippur e del dio Nanna in Ur. Si tratta di un ruolo non solo religioso ma soprattutto politico, perché Enlil e Nippur sono gli dèi poliadi delle due città e per loro conto i sacerdoti amministrano la quasi totalità delle terre e del bestiame.
Enheduanna è destinata a Ur, la seconda città per dimensioni di Sumer (dopo Uruk) e probabilmente di tutta la Mesopotamia. Si rivela una scelta perfetta. La giovane è una figura eccezionale, al pari del padre.
Orgogliosa, enormemente colta, sorprendentemente originale nel pensiero e nell’espressione, Enheduanna partecipa attivamente alla costruzione del nuovo ordine sociale creato dal padre, volto a trasformare in uno Stato coeso le rissose città stato che per ottocento anni avevano prosperato indipendenti.
Ella sfrutta le sue notevoli doti di scrittrice e poetessa per comporre 42 inni dedicati alle principali divinità del pantheon sumero – accadico e alla loro “casa” sulla terra: il tempio eretto nella città a lui consacrata. Alla base della società mesopotamica c’era infatti la profonda convinzione religiosa che ogni città fosse stata donata ai suoi abitanti da una specifica divinità, che ne era allo stesso tempo protettore e padrone. L’intento di Enheduanna è chiaro: sottolineare i legami esistenti tra le divinità e quindi rafforzare la coesione del nuovo impero, fornendo al padre i presupposti religiosi a giustificazione del suo operato.
Sicuramente inattesa è invece la sua riuscita come scrittrice capace di dare alla letteratura del tempo alcuni dei suoi più raffinati capolavori.
Ecco come descriveva la dea Inanna nella sua duplice veste di signora dell’amore e della guerra:
Regina di tutti i poteri cosmici [i Me], che sorgi come luce splendente,
Donna risoluta, rivestita di fulgida radianza,
Amata dalla terra e da tutte le stelle,
Sposa del Cielo, di cui sei gemma più grande,
[...]
Spargi veleno sulla terra, come un drago.
Se alzi la voce, come una tempesta, nessun raccolto rimane in piedi.
Tu sei un diluvio che spazza via il paese,
Tu sei la signora del cielo e della terra,
Tu sei la Dea guerriera!
Enheduanna è anche colei che per prima associa la Dea Inanna dei sumeri con Ishtar, dea delle popolazioni semite della Mesopotamia centro-settentrionale.
Che fosse ben conscia dell’importanza della sua opera lo dimostrano anche le parole con cui la conclude:
Colei che ha redatto queste tavolette è En-hedu-ana. Mio Re, cosa io ho creato nessuno lo aveva mai creato prima.
È la prima volta, almeno per i testi in nostro possesso, che l’autore si attribuisce la propria composizione. Così facendo Enheduanna non solo sottolinea la sua partecipazione al disegno politico del padre ma si afferma come la prima persona nella storia di cui conosciamo opere specifiche e sopravvissute.

Enheduanna, donna di potere

Altorilievo rappresentante Enheduanna, particolare tratto dal “Disco di Enheduanna”, 2300 a.C. circa, Penn Museum

Altorilievo rappresentante Enheduanna, particolare dal “Disco di Enheduanna”, 2300 a.C. circa, Penn Museum

Il suo ruolo non è però solo religioso e letterario. Nella Mesopotamia dell’epoca l’En, il sacerdote a capo del Tempio, rappresenta il Dio poliade, il padrone della città e dei suoi abitanti. Egli, insieme (e a volte in concorrenza) con l’Ensi o Lugal, il capo militare e “civile”, ne amministra i frutti. In altri termini, al Tempio si possono ricondurre la gran parte delle terre coltivate e degli allevamenti e le grandi attività produttive – tessiture, lavorazione dei metalli, realizzazione delle grandi opere infrastrutturali – venivano gestite dai sacerdoti.
Vi è di più. Nella Mesopotamia di Sargon l’Ensi è un uomo di fiducia del sovrano, per cui è facile immaginare che non avesse interesse a opporsi agli interessi della figlia. In altri termini, Enheduanna è all’apice della gerarchia di una delle più importanti città del regno.
Questa sua partecipazione alla vita politica non è priva di conseguenze. In spregio alla sua carica di sacerdotessa del dio Nanna, Enheduanna sarà oggetto delle violenze di Lugalanne, il capo della ribellione che scoppia nella sua città contro la dominazione sargonica. Nella sua composizione più nota, “L’esaltazione di Inanna” Enheduanna scrive in prima persona, con uno stile sorprendentemente moderno, spesso crudo e diretto, di questo periodo oscuro della sua vita:
Perché nonostante ti abbia portato il cesto delle offerte e abbia cantato gli inni sacri [a te, Nanna]
Hai preparato per me un’offerta di morte, mi hai privato della vita?
La luce mi sembra bruciante,
E l’ombra mi avvolge come polvere vorticosa.
Una mano bavosa si posa sulla mia bocca di miele,
Ciò che è più bello nella mia natura è stato trasformato in sporcizia.
O dio della luna, è questo Lugalanne il mio destino?
Sembrano versi scritti ieri, sebbene siano trascorsi 4.300 anni.
Enheduanna riesce a fuggire o forse viene allontanata dalla città, non ci sono fonti attendibili al riguardo. In ogni caso, l’esercito accadico riconquista Ur e la sacerdotessa torna a ricoprire la sua alta carica.

Enheduanna e le altre

Sigillo rappresentante Ishtar in veste di Dea della guerra, 2234-2150 a.C. circa

Sigillo raffigurante Ishtar in veste di Dea della guerra, 2234-2150 a.C. circa

Enheduanna è stata una privilegiata, non c’è dubbio. Si tratta di un caso isolato oppure era frequente trovare donne nelle posizioni apicali della società? In altri termini, qual era il ruolo della donna nella civiltà mesopotamica?
I Codici delle leggi – dal più famoso, quello di Hammurabi (1750 a.C. circa) a quelli più antichi come il codice di Ur-Nammu (2100 a.C.) e di Lipit-Ishtar (1870 a.C.) – ci rimandano una rappresentazione della donna tipica delle culture maschiliste: è vista come figlia, sposa, moglie e vedova, da proteggere affinché fosse messa in grado di perseguire l’unico obiettivo suo proprio, quello di procreare e di badare alla famiglia.
I documenti in nostro possesso evidenziano una realtà sociale molto più complessa. Sono stati rinvenuti molti sigilli cilindrici risalenti al IV e III millennio a.C., quindi precedenti ai Codici sopra menzionati, rappresentanti scene con al centro una figura femminile intenta a diverse attività. Questi sigilli avevano il compito di rappresentare l’identità del proprietario, anche davanti alla legge. Ciò ci spinge a dire che, oltre al caso di donne di stirpe regale nei ruoli di gran sacerdotessa (dopo Enheduanna nella città di Ur diventa una prassi, specie durante il periodo di Ur III, il cosiddetto “rinascimento sumero”), nell’antica Mesopotamia non era inconsueto trovare importanti attività mercantili e commerciali a guida femminile, e che le donne potevano aspirare a ruoli di prestigio nei templi. In altri reperti, rappresentanti scene di banchetti e feste, si nota come le figure femminili sono raffigurate con la medesima importanza di quelle maschili.
Sono esempi di donne con un ruolo socialmente rilevante e accettato dalla comunità, autonome nel loro agire e in taluni casi in grado di raggiungere i massimi livelli nella scala del potere. Vi riporto qualche esempio.
La “Casa della Donna” di Lagash (Periodo predinastico 2900 – 2334 a.C.)
Contrariamente a quanto si può pensare, il termine “casa della donna” non fa riferimento a locali destinati al sesso femminile. Nell’antica Mesopotamia, le “Case” erano organizzazioni sociali costituite da centinaia o migliaia di gruppi famigliari che svolgevano determinate attività produttive. Nella città di Lagash una delle più importanti era la “Casa della Donna”, così chiamata perché a capo vi era la consorte del sovrano della città. Questo le dava un notevole potere economico oltre che politico.
Puabi di Ur (tra il 2550 e il 2340 a.C.)
E’ stata la regina (in sumero: Nin) di Ur, una delle più antiche città mesopotamiche. Nella sua tomba abbiamo scoperto il suo sigillo cilindrico – che essenzialmente serviva come identificazione personale in Mesopotamia – dal quale risulta evidente che ha governato la città a pieno titolo, quindi senza consorte. Da notare che nella sua tomba sono stati trovati numerosi scheletri di servitori e guardie: il Cimitero Reale di Ur è l’unico sito in Mesopotamia in cui si sono trovate evidenze di sacrifici umani che accompagnavano la morte del sovrano (non si sa se volontari o meno, sui corpi non ci sono segni di violenza). Oltre che dal numero dei servi sacrificati, la sua potenza è attestata dai ricchi ornamenti trovati nella tomba, tra cui un copricapo di foglie d’oro, nastri e fili di perle di corniola e lapislazzuli.
Kubaba, secondo la Lista dei Re sumeri (nella versione più antica, del 2100 a.C.) era una taverniera che diventa Regina di Kish, la più importante città della Mesopotamia centrale, e ne estende l’influenza fino a esercitare una sorta di predominio (chiamato “regalità”, nam-lugal in sumero) sull’intera regione. Non c’è traccia di come sia riuscita in una simile impresa, ma è l’unica donna ad apparire nella Lista dei Re. Diventa una figura leggendaria e secondo alcuni studiosi, ha ispirato la figura di Cibele, una successiva dea anatolica.
Ama-e (2330 a.C. circa)
Ama-e era una mercante di successo operante nella città sumera di Umma. È interessante il fatto che, sebbene sposata con un certo Ur-Sara, gestisse l’attività con il proprio nome. Dai registri dell’azienda di famiglia risulta che reinvestisse parte dei profitti in proprietà immobiliari e che sia riuscita a creare una vasta rete di rapporti commerciali, aprendo “filiali” in numerose città della regione. Non è l’unico caso di donne al vertice di attività mercantili, che spesso si occupavano di gestire gli affari in sede mentre il marito e i figli erano impegnati lungo le vie carovaniere. È un personaggio talmente affascinante che l’ho inserito nel mio romanzo, “L’Hurrita”, primo volume della saga “Cronache di Akkad” in cui racconto l’ascesa di Sargon il Grande.

Per saperne di più
William J. Hamblin, Warfare in the Ancient Near East to 1600 BC: Holy Warriors at the Dawn of History, Ed. Warfare and History
Marc Van De Mieroop, A History of the Ancient Near East ca. 3000-323 b.C., Wiley 2016
Lorenzo Verderame, Introduzione alle culture dell’antica Mesopotamia, Mondadori 2017
Davide Nadali e Andrea Polcaro, Archeologia della Mesopotamia antica, Carrocci editore 2018
Lucio Milano (a cura di), Il vicino oriente antico, EncycloMedia Publishers
Franco D’agostino, I Sumeri, Hoepli 2020
Paolo Gentili, Sargon, re senza rivali, SEU Servizio Editoriale Universitario di Pisa
Benjamin R. Foster, The first Author, Guild of Book Workers Journal, 2010-2011