Editoriale: Novembre, il mese della tragedia svedese e delle convulsioni della trota

di Paolo Maria di Stefano -

Novembre: un mese tragico per una buona parte degli italiani. Non per i giornalisti di tutti i media, naturalmente, dal momento che nelle tragedie eglino (desueto plurale di egli) guazzano alla grande. Cosa sarebbe la comunicazione e dunque la vita dei giornalisti se non esistessero le tragedie? Le quali più sono gravi, più consentono di occupare spazio sotto forma di notizia, di approfondimento della notizia, di scambio di pareri e di discussioni sulla notizia, di ricerca delle cause del fatto che della notizia è alla base, di proposte per porre rimedio agli effetti del fatto…
E via dicendo.
Tragico per gli italiani tutti e come tale letto dai comunicatori, che degli italiani interpretano gli umori e degli italiani cercano il consenso che si manifesta attraverso la vendita della carta stampata e degli spazi occupati dalle così dette trasmissioni di approfondimento, solo audio oppure audio e video che siano. La Svezia ha eliminato l’Italia dai mondiali di calcio. Si poteva immaginare qualcosa di più grave? Esiste forse una tragedia maggiore? Ovvio che no, e dunque ovvio il tormentone a tutte l’ore che ne è seguito.
La richiesta delle dimissioni dei veri e presunti responsabili ha fatto la parte del leone, in questa triste historia. Ed anche si è finto stupore e disapprovazione di fronte alle resistenza di più di qualcuno a lasciare. Come se gli italiani non fossero abituati all’incollamento alle poltrone salvo laute prebende peraltro legalmente maturate in base ai contratti.
Nessuno, comunque, neppure chi ha parlato o scritto di rifondazione del mondo del calcio, ha posto più che tanto l’accento sulla degenerazione di uno sport dovuta all’eccessivo giro di affari che ne disegna, riempiendolo, il mondo e che, come tutti o quasi i giri d’affari, moltiplica le tentazioni e la pratica della corruttela.
Che forse non ha più che tanto a che vedere con la vittoria della Svezia, ma con tutto il resto probabilmente sì.
E allora, perché non pensare di porre limiti agli “affari del calcio”? A cominciare dai compensi ai calciatori per finire agli spazi concessi a questa pratica, magari passando attraverso il numero delle partite a settimana e dei tornei e delle coppe.
E, anche, l’attività delle tifoserie e dei club, almeno in apparenza sempre più simile ad azioni delinquenziali pericolose per sé e per gli altri.
Se lo sport è una manifestazione e una fonte di moralità…

La moltiplicazione degli appelli dei Politici alla unità dei partiti ha qualcosa di ossessivo, partito prima di novembre e destinato a prolungarsi. Ragione di fondo, il terrore di perdere le prossime elezioni politiche. Terrore più che fondato, se alla questione si guarda dal punto di vista di coloro che contano, i quali tutti in nessun modo si interessano ai bisogni della gente e del Paese se non in quanto argomentazioni di vendita del consenso personale.
Si rivedono facce annose di bronzo, stagionate dalla improntitudine, tirate a lucido dal vittimismo, scolpite dall’essere i titolari depositari della verità, perdute alla ricerca di battute un tempo anche apprezzate per quanto non necessariamente intelligenti, sicure di una cultura quanto meno traballante, nostalgiche di comicità infrantasi nel turpiloquio.
Soprattutto, dotate di un vocabolario limitato e per questo almeno in apparenza comune.
Soli assenti, la discrezione e il silenzio.
Ad eccezione del caso di un politico, almeno per quanto risulta a me, che sembra avere scelto il ruolo di padre nobile, perennemente presente nelle vesti così di spirito del partito di appartenenza (presente, passata e – perché no? – futura) come di ispiratore della attività dei sodali, quelli di un tempo e quelli attuali, anche sdegnato per i cessati riconoscimenti alla propria assoluta superiorità intellettuale.

La “vendita” della ripresa in economia e dei successi della Politica sembra aver ottenuto effetti positivi, almeno a giudicare dalla moltiplicazione dei ristoranti e dei bar e, soprattutto, dei negozi di lusso. E almeno a Milano. Con in più la introduzione anche da noi di quel “Venerdì Nero” che negli USA da anni introduce gli acquisti natalizi, subito dopo la festa del Ringraziamento e la strage dei tacchini. Che intanto dimostra che non abbiamo perso l’abitudine ad imitare gli Stati Uniti, ma che soprattutto a me sembra dimostri ancora una volta come “la gente” sia dotata di scarsa propensione all’analisi, e dunque di non elevatissimo livello culturale. Fatto, questo, che consente ai Politici di gabellarsi per esponenti di una cultura superiore, e dunque di pretendere il riconoscimento di una sorta di diritto al potere.
Io un dubbio ce l’ho, da sempre, e oggi rafforzato. Vuoi vedere che quel “venti-ottanta” di paretiana memoria è entrato nella fase della lotta tra ricchi – cosa alla quale Pareto non mi pare abbia fatto cenno – e dunque della agonia del sistema economico che ci ha governato e continua a farlo? Perché se è come penso, la guerra tra ricchi ha ottime probabilità di elevare al massimo grado il livello di povertà della “gente”, in fondo da sempre in attesa di quella equa distribuzione della ricchezza troppo spesso promessa a vuoto, e per questo radice di ribellione e di nuova violenza? Certo, appare sempre più chiaro che attenderci dai ricchi l’equità suona quanto meno utopico, soprattutto quando la si fondi sulla generosità, sulla bontà d’animo, sulla coscienza sociale di chi la ricchezza ha conquistato proprio ignorando questi valori.
Posso sbagliare, ovviamente, ma a me sembra che questo mese di novembre appena concluso e il dicembre che si apre all’insegna della ricchezza e del lusso siano molto simili a quella sorta di convulsioni che, mi si dice, una trota che sta morendo subisce e dimostra almeno tre volte.
A mio avviso sono parecchie di più e non riguardano solo la trota.
E se anche il sistema economico subisse convulsioni crescenti prima di morire?
E se per abbreviarne l’agonia, quell’ottanta che a malapena riesce a intravedere il venti per cento della ricchezza colpisse con violenza il venti che l’ottanta di quella ricchezza detiene e ostenta?

Ostia, Municipio di Roma città metropolitana, oltre che tipica espressione dei muratori bergamaschi (pare), molto vicina alla bestemmia e comunque usata come imprecazione, un tempo era meta ambita dei bravi romani che ne conquistavano il lido nei fine settimana raggiungendolo dopo ore ed ore di fila a passo d’uomo. Oggi, sembra, importante insediamento della mafia, forse anche con il segreto ma non poi tanto obbiettivo di fare concorrenza alla Città Eterna.
A novembre ad Ostia è successo di tutto, dicono le fonti di informazione: un giornalista ha provato ad intervistare un signore il quale, molto seccato, armatosi della testa (la propria) ha fatto sanguinare il naso del malcapitato intervistatore, mettendo in fuga lui e la sua troupe.
Operazione, quella di sferrare un colpo con la testa ad un giornalista, che da sola giustificherebbe l’espulsione dell’attore per conclamata imbecillità. La domanda potrebbe essere questa: è degno di esercitare le funzioni di capo uno che prende a testate un giornalista? Dunque, uno che, pur appartenendo ad un gruppo di cui tutto si può dire meno che esprima cretineria, non immagina le reazioni della stampa?
Bah! E’ pur vero che ogni associazione ha i capi che si merita – anche i partiti politici ed anche le Nazioni e gli Stati – ma non è pensabile che debba esserci un limite a tutto?
Ma forse può farsi anche un altro ragionamento: hanno pensato, tutti coloro che si agitano per il disarmo e predicano la distruzione delle armi, di applicare i valori per cui lottano e i principi che propugnano anche ai casi nei quali si usano armi così dette improprie? Se le armi vanno eliminate, e se la testa è un’arma, cosa vieta di pensare alla sua eliminazione?
Forse il rispetto che si deve alla vita umana e dunque il rifiuto (anche) della pena di morte?
Certe teste, forse, hanno un bidone dedicato che le attende…

La Politica, a proposito, da sempre o quasi qui da noi ha raccolto teste che sembrano avere la missione di combattere contro lo Stato. Che si tratti di un’arma impropria?
Domanda alla quale non ho risposta ma che mi auguro possa scaturire dall’esame approfondito dei cittadini, chiamati alla urne nel 2018 ma già da mesi martellati da una campagna elettorale che tutto dice ad esclusione di quali problemi andranno risolti, perché e come. Quanto al “da chi” sembra pacifico: le teste dei leader, senza esclusione, e dei responsabili dei partiti (con qualche eccezione, quanto a questi) sono fortemente convinte di essere, ciascuna, depositaria della capacità e della professionalità di gestione dello Stato.
E a novembre ha avuto inizio il balletto delle stupidità, esattamente identico a quello cha da anni ci diverte.
Atto primo, riduzione delle tasse (allegro gioioso); atto secondo, espulsione e respingimento dei migranti (marcia militare attorno ad un tema non originale di grancassa e timpani); atto terzo, qualche euro a indigenti e neonati, anche adottati (andante sognante); atto quarto, uscita da quella strana cosa che chiamano Europa in una con l’uscita dall’euro (allegro trionfale).

Novembre è stato anche il mese delle donne: da noi, si è svolta la prima giornata della violenza contro quello che qualcuno ancora chiama “il gentil sesso”. Una manna per i comunicatori di ogni genere, i quali hanno rivisitato le centinaia di casi (e sono solo quelli noti) di violenza, ai quali è stato dato spazio e tempo secondi solo a quanto fatto per la tragedia svedese.
Che è bello ed istruttivo, anche perché è stato evidenziato come nella stragrande maggioranza dei casi, gli atti di violenza accadono in famiglia.
Ancora una volta, qualcosa mi dice che, forse, l’intensa attività di distruzione di questo istituto fondamentale per il genere umano potrebbe essere indicata come la fonte principale degli episodi lamentati, naturalmente assieme alla progressiva diminuzione della educazione personale e di gruppo ed a quella, altrettanto grave, della cultura.

Intanto, arriva Natale e si chiude il 17. Gli auguri mai come questa volta incarnano speranze e sogni. Soprattutto, sogni. Quanto alle promesse già numerose a novembre e certamente rigogliosissime a dicembre…