DESTINO SOCIALE E DI GENERE NELLA SCUOLA DEGLI ANNI ’60

di Luisella Dal Pra -

Le mentalità legate al mondo della scuola e dell’educazione femminile nell’Italia del boom economico costituiscono il sostrato di forme di pensiero ancora presenti nel contesto culturale di oggi. Lo spunto è offerto da un ricordo scolastico del 1961…  

Il dibattito sulla selezione scolastica nella scuola dell’obbligo, sul ruolo della scuola per il superamento delle disuguaglianze sociali e di genere è di grande attualità. A titolo di esempio, vale la pena ricordare l’incidenza delle differenze di genere sulle scelte scolastiche della scuola secondaria superiore. Nell’anno scolastico 2016 i dati riconfermano la presenza di più ragazze ai licei, in particolare al liceo classico dove sono presenti il 69,9% di ragazze (l’89,1% nel liceo delle scienze umane), mentre la presenza maschile è maggiore negli istituti tecnici dove i maschi sono presenti al 69,1%  [1]. Destino sociale e destino di genere si intersecano con la storia della scuola, dove è possibile rintracciare i prodromi della nostra attuale realtà.
Anche il dibattito sulla selezione presente nel biennio della scuola secondaria superiore, ormai obbligo scolastico, ripropone le polarità degli schieramenti presenti negli anni dell’Istituzione della scuola media unica.
Il ritrovamento tra i ricordi di famiglia di un monologo in versi, “L’addio del grembiulino bianco”, ha attivato questa riflessione che ricostruisce alcuni aspetti della realtà scolastica e dell’educazione delle bambine nell’anno della pubblicazione del breve testo, il 1961.

Dal punto di vista storico gli anni Sessanta si configurano come un periodo di forti cambiamenti sociali: le rivendicazioni dei lavoratori, degli studenti e delle donne metteranno in discussione l’approccio tradizionale delle relazioni presenti a scuola, in famiglia e nel contesto sociale più ampio. Fu in quegli anni che vennero a maturazione cambiamenti legislativi e istituzionali che ancora oggi agiscono nella coscienza comune e segnano il nostro modo di rapportarci alla realtà.
Nel panorama scolastico venne scritta una delle pagine più belle della storia politica e sociale italiana: la legge n. 1859 che nel 1962 segna la nascita della scuola media unica dando avvio a quella che sarà definita la scuola di massa, consentendo ai figli delle famiglie dei ceti più umili di poter accedere all’istruzione superiore. «Nel 1961-62 il 79,1 per cento dei ragazzi che, conseguita la licenza elementare, proseguivano gli studi, si trovava di fronte al cosiddetto “doppio binario”: da una parte la scuola di avviamento professionale, senza ulteriori sbocchi, dall’altra un severo esame di ammissione alla scuola media triennale con il latino, aperta a tutte le successive scuole secondarie» [2].
La legge istitutiva della scuola media unica ha dato una prospettiva nuova a tanti bambini e bambine spostando la scelta futura al termine della scuola media e ha consentito a tutti di poter frequentare lo stesso corso di studi. Va ricordato che non tutte le zone del Paese avevano nel proprio territorio un istituto di scuola media e pertanto molte famiglie sceglievano di mandare i propri figli alla scuola più vicina, che spesso era di avviamento professionale. La “scelta” finiva così, per ribadire un destino sociale e di genere.

Analizzando i dati dell’Annuario statistico italiano del 1962, risulta che nell’anno scolastico 1959-60 i comuni non dotati di scuola media inferiore erano il 69,1%; l’anno successivo la media nazionale è del 52,2% [3]. Questi dati mettono in evidenza come nascere in un piccolo paesino, o in una borgata di un grande centro urbano, potesse condizionare il destino personale, in quanto non consentiva a tutti i bambini e le bambine di avere le stesse opportunità educative.
Per le bambine la situazione risultava ancora più complessa in quanto le convinzioni culturali collegate al ruolo sociale delle donne, associate a difficoltà oggettive di raggiungere una scuola media, finivano per determinare le scelte dei genitori meno consapevoli, che indirizzavano i propri figli verso l’avviamento professionale non rendendosi pienamente conto che ciò avrebbe inciso sulle possibilità future di prosecuzione degli studi [4].
Come risulta nelle note e relazioni dell’Istituto centrale di statistica del 1961, nel 1959-60, 5.543 comuni, interessanti una popolazione di 12.823.339 abitanti erano sprovvisti di scuole medie inferiori; e 2277 comuni interessanti una popolazione di 5.454.027 abitanti, erano addirittura sprovvisti di scuole di completamento dell’obbligo [5].
Il dato della distribuzione territoriale delle scuole è solo uno degli elementi determinanti la forte incidenza dell’evasione dell’obbligo scolastico, dovuto anche all’elevata percentuale di bocciature presenti nella scuola dell’obbligo. L’abbandono è più evidente nel passaggio dalla scuola elementare alla scuola media, anche se in generale, prendendo ad esempio gli iscritti alla terza elementare negli anni 1956-57 risulta che il 14% non ha raggiunto la classe quinta [6]. A fronte di questa realtà, c’è una sorta di passiva accettazione da parte delle istituzioni politiche ed educative che non intervengono con provvedimenti legislativi e strumenti di controllo in grado di modificare tale situazione.
Quanti bambini e bambine hanno visto segnata la loro vita dall’ignoranza, dall’impossibilità di ricostruire in seguito il loro progetto di vita. Ma, come si sa, i poveri non fanno storia e le bambine prive di strumenti culturali ancora meno.

catturaQueste note introduttive sono utili per ricostruire lo sfondo entro il quale si colloca il piccolo libro rintracciato tra i ricordi personali di un’ex allieva della scuola elementare Gioacchino Gesmundo di Tor Sapienza [7]. Il monologo in versi dal titolo L’addio del grembiulino bianco donato nell’anno 1961 da Michele Antonucci, ex insegnante e dirigente scolastico in procinto di andare in pensione, è dedicato alle bambine delle classi quinte che con i loro temi di esame avevano ispirato i suoi versi [8].
Interessante analizzare il contenuto del monologo, testimonianza ed esempio di quella che viene definita “pedagogia narrata”. Un contributo, a suo modo, per aiutarci a comprendere meglio quali fossero i messaggi rivolti alle bambine e gli stereotipi di genere presenti nella cultura dell’epoca.
Il grembiulino bianco, colore della purezza, dell’ingenuità, dell’innocenza viene associato a un addio, a sottolineare una fine ma anche l’inizio di qualcosa di diverso. La scelta dell’autore è di far parlare direttamente il grembiulino che per cinque anni ha seguito la cresciuta della “farfallina bianca”. Il grembiulino rivolto alla bambina dice: «Ma, duro ed improvviso, pel futuro la vita un corso nuovo ti prepara, o bimba ignara che forse sogni ancora i tuoi trastulli! […] doman dovrai volare più in alto, molto più in alto, su ali ben più ardite, per le vie del sapere infinite».
Cosa insegnare? quali consigli, quali messaggi morali inviare alla scolaretta per quell’età considerata dall’autore pericolosa? «Conservati virtuosa; di te non far sparlare, non farti trascinare da mala compagnie e butta, butta via le riviste cattive: a che varrebbe, mi sai dir, la scienza se persa è l’innocenza? […] Pensa a studiar con serietà d’intenti, e lascia i libri gialli, lascia i fumetti, e non cercar i balli. Non guastare il tuo viso con le tinte delle bellezze finte; […] Ascolta ancora il grembiulino che tiene veramente al tuo bene! Cerca lo svago lecito e decente fra la onesta gente, e fuggi lo spettacolo immorale, fuggi il male; dì mattina e sera la preghiera; sii docile, obbediente: solo così la gente avrà di te più stima. E soprattutto… non dimenticare ch’è bello praticare con mamma tua l’umili cose delle donne virtuose: ago, piumin, ferri da stiro e maglie, e tutti gli utensili di cucina; solo così, solo così bambina, della tua casa, saggia ed ammirata, sarai un dì la fata».

Quale l’antidoto a questi messaggi che nel testo analizzato agiscono in maniera esplicita, ma che comunque sono presenti in altre forme più sottili all’interno del contesto culturale? Solo il sapere, la conoscenza, l’analisi critica del proprio ruolo e delle aspettative sociali possono depotenziare questi messaggi. Per le ragazze dell’epoca non è stato facile costruire altri percorsi e strade in quanto hanno dovuto superare il forte controllo esercitato dalle istituzioni sociali e dalle madri stesse, controllo teso a favorire la riproduzione del ruolo femminile.
A partire dai dati presentati, e dai ricordi di scuola è possibile una rilettura delle contraddizioni presenti nel panorama culturale degli anni Sessanta in un momento in cui venivano a maturazioni mutamenti sostanziali nella società italiana che risentivano, però, ancora di un retaggio culturale che si muoveva all’interno di una scuola di élite e in cui le donne erano educate e considerate solo per il loro ruolo di moglie e madre. Ruolo enfatizzato dalla pubblicistica e dai media d’epoca e “sostenuto” da pratiche educative al femminile che riconducevano le donne nello spazio domestico.
L’immaginario sociale al femminile di quegli anni presenta alle ragazze aspettative di realizzazione personale riconducibili all’ambito familiare, il modello ispiratore è la casalinga tutta dedita alla cura del marito e dei figli, attenta alla preservazione del proprio ruolo familiare.
Vecchi valori convivono con nuove istanze ma quello che viene trasmesso alle bambine con le fiabe, la pubblicità, i libri di testo scolastici, la religione, è un’idea che le vede vincolate al loro ruolo biologico da cui deriva un rigido controllo sulla loro libertà e sessualità esercitato dalle famiglie.

Credo che come docenti sia utile ripercorrere il nostro passato prossimo, perché ci aiuta a comprendere il senso profondo delle ingiustizie sociali commesse, anche dalla scuola, ai danni dei tanti bambini e bambine e può fornirci strumenti di lettura della realtà attuale.
La scuola dovrebbe interrogarsi, ripensare le pratiche educative, sollecitare riflessioni tra gli studenti sull’educazione di genere, per favorire il superamento di quelle differenze che ancora oggi agiscono e influenzano l’educazione dei ragazzi e delle ragazze.
La scuola non deve solo affacciarsi sull’abisso delle disuguaglianze ma deve essere forza motrice del cambiamento e mai come ora è necessario ripensare al suo ruolo. L’obbligo scolastico a sedici anni così come l’inserimento di ragazzi e ragazze provenienti da altre culture rappresentano una sfida per l’istituzione scolastica, un impegno a ridefinire gli interventi metodologici ed educativi.
Vale la pena di ragionare sugli esiti degli scrutini del secondo ciclo di istruzione relativi agli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015 da cui emerge che il 78,8% degli studenti con cittadinanza non italiana viene ammesso all’anno successivo a fronte di una quota pari al 90,1% degli studenti italiani. Tale differenza è molto evidente nel primo anno di corso: il tasso di ammissione degli studenti con cittadinanza non italiana è pari al 69,7% mentre quello dei colleghi italiani è dell’85,8% [9].
Se analizziamo le statistiche delle bocciature alle elementari e alle medie, queste risultano oggi essere irrilevanti se confrontate con i tassi di bocciatura del quinquennio 1957-1962. Non sono tali però nel primo biennio della secondaria «la percentuale più alta di bocciati è proprio al biennio delle superiori: 14% al primo anno, 8,3% al secondo anno. Un dato non più residuale, ma anzi preoccupante» [10]. Sarebbe interessante capire quanti di questi studenti e studentesse, come dicevano i ragazzi di Barbiana con Don Lorenzo Milani, sono persi alla classe o alla scuola.

Note
[1] Cfr: Elaborazione su dati MIUR – Ufficio Statistica e Studi in http://www.istruzione.it/allegati/2016/FOCUS_iscrizioni_2016-2017.pdf
[2] S. Santamaita, Storia della scuola, Bruno Mondadori, Milano, 2015.
[3] Cfr. Annuario Statistico italiano, 1962, tav. 98
[4] Come ricordano Nella Dal Prà e Fiorella Tolazzi, nella zona di Tor Sapienza, una borgata di Roma, da cui prende avvio il ricordo collegato a questo articolo, esisteva solo il corso di avviamento professionale e i bambini e le bambine che volevano proseguire gli studi nella scuola media, erano costretti ad arrivare in prossimità di “Villa Gordiani” una zona distante e raggiungibile solo in autobus. Non va dimenticato che con l’aumento delle nascite e la penuria di edifici scolastici, in quel periodo, le scuole erogavano il servizio in doppi turni, con uscite nel tardo pomeriggio.
[5] Cfr. “Distribuzione territoriale della scuola dell’obbligo, note e relazioni”, n. 14, agosto 1961, Istituto Centrale di Statistica, p.19, in Aggiornamenti sociali, giugno 1962, p. 417.
[6] Cfr. Ivi, p. 415.
[7] L’ex allieva Nella Dal Prà nata nel 1950, che ha ottenuto la licenza elementare nell’anno 1961, ha conservato questo piccolo libro ricevuto in dono.
[8] Dall’archivio scolastico risulta che Michele Antonucci, nato nel 1896, è stato per molti anni maestro nella scuola Gioacchino Gesmundo. Passato probabilmente ad altro incarico, non risulta infatti tra i maestri in organico nell’ anno scolastico 1960/61, né nei quattro anni scolastici precedenti. In procinto di pensione, come recita la dedica, ha voluto dedicare il piccolo libro «agli amati Superiori, alle gentili Colleghe e ai cari Colleghi dell’80° Circolo, nonché alle brave alunne delle quinte classi di Tor Sapienza, che con i loro temi di esame ne sono state le ispiratrici, dedico questi versi a ricordo del mio ultimo anno di servizio». Appare probabile che il riferimento ai temi sia collegabile agli anni precedenti, in quanto il processo verbale dell’Esame di compimento superiore fa riferimento ai giorni 23-24-26-27 giugno 1961 e la dedica di Michele Antonucci riporta la data del 28 giugno 1961. Il titolo del tema di quell’anno fu “I ricordi della scuola elementare che ti accompagneranno nella vita.”
[9] Cfr. Esiti degli scrutini del secondo ciclo di istruzione aa.ss. 2013/2014 e 2014/2015 in http://www.istruzione.it/allegati/2015/Focus%20scrutini%20II%20grado%20a.s.%202014-15.pdf consultato il 10/11/2017.
[10] Mario Piras, Questa scuola non va. Cinquant’anni dopo don Milani, da “il Mulino” n. 5/17 in https://www.rivistailmulino.it/journal/articlefulltext/index/Article/Journal:RWARTICLE:87842 consultato il 10/11/2017